La legge sulle unioni civili approvata a livello nazionale non basta. Non è una legge a metà da un insulto intero dicono i difensori dei diritti gay palermitani con una serie di post sui social network. Così si preparano a scendere in piazza contro la prima legge che regola i rapporti di coppia omosessuali, molto diversa da qualsiasi legge richiesta dal movimento Lgbti e anche dall’originario ddl 2081 ovvero il “Cirinnà”.

“Il testo – si legge in un documento arcigay – è il risultato del maxi-emendamento presentato da Maria Elena Boschi su cui il governo ha posto il voto di fiducia. Per molte persone la sua approvazione è un punto di svolta, sono in molti e da troppi anni ad attendere di avere diritti e perfino una legge mutilata e frutto di un dibattito, quello in Senato, umiliante per tutti gli italiani, sembra un momento di respiro”.

“È una commedia dell’assurdo, il sentimento è di sconforto totale – afferma Massimo Milani fondatore nel 1980 di Arcigay Palermo – è un compromesso molto al ribasso per chi, come il Palermo Pride, mira alla cancellazione di tutte le discriminazioni. Una legge approvata tanti anni fa dagli altri stati europei qui è stata violentata, soprattutto attraverso i toni offensivi e omofobi che sono stati usati in Parlamento. Abbiamo toccato il fondo, anche se paradossalmente ottenendo una legge, e quindi da domani si lotta di nuovo, per un diritto che non è solo nostro ma di tutti. Un avanzamento dei diritti di qualcuno è un avanzamento della società intera”.

“Il nostro Senato ha dimostrato di essere schiavo di ideologie anacronistiche e di rappresentare soltanto la parte peggiore del Paese. Lo ha fatto introducendo, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento, una discriminazione verso una fascia della popolazione. Questa legge – se approvata dalla Camera – sancisce da una parte principi importanti ma dall’altra crea un istituto giuridico ad hoc per le unioni di alcuni cittadini, in questo modo descrive una netta divisione del popolo italiano in due classi. Le coppie omosessuali che nel pieno dei loro diritti hanno contratto matrimonio all’estero qui tornano a non essere riconosciute. In questo momento in Italia non hanno diritto a nulla come se la volontà fosse quella di ribadire la negazione di un diritto che altrove c’è”.

“Il capo dedicato alla disciplina della stepchild adoption era l’unico che rendeva accettabile la proposta di Monica Cirinnà, per quanto discriminatoria e che era comunque un compromesso – afferma il presidente di Arcigay Mirko Pace – il maxi-emendamento ha cancellato questo e tutti i richiami espliciti al Codice Civile rompendo anche le assonanze tra matrimonio e unioni civili, due istituti ovviamente diversi ma che dovrebbero essere accessibili a tutti. Riscrivere invece diritti ad hoc per gli omosessuali è una scelta discriminatoria oltre che offensiva”. Manca anche qualsiasi forma di tutela nei confronti dei bambini ed è innegabile che sia un punto di grave mancanza. Costringere in una posizione giuridica debole le coppie omosessuali nei confronti dei figli riduce anche i bambini ad una sottoclasse rispetto ai figli delle coppie eterosessuali. La stepchild adoption esiste per le coppie eterosessuali ma non viene estesa alle coppie omosessuali decretando i figli di questi ultimi figli di serie b.

Infine, dichiarare la fedeltà come non obbligatoria esplicita la visione distorta che aleggia intorno alle coppie omosessuali, percepite come instabili. “L’espediente meschino di scrivere nero su bianco che gli omosessuali non devono per forza essere fedeli vuole sottolineare una diversità che non c’è e che non vogliamo” continua Massimo Milani. Questa precisa morale definisce le coppie omosessuali come ontologicamente promiscue, ovvero non una vera coppia.

Da qui nasce la manifestazione del 5 marzo. “Porteremo a Roma una delegazione per aderire alla mobilitazione del 5 marzo convocata dalle associazioni Lgbti, non per festeggiare ma per esprimere la nostra insoddisfazione nei confronti di una legge che nel 2016 può essere valutata solo come anacronistica”.

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