Da una analisi statistica, ancora in corso, si è potuto stimare che sono 4000 circa gli addetti al comparto della vendita di pesce impegnati alla produzione media di residui da lavorazione di 4/5 kg giornalieri. Prodotti che nelle pescherie generano, complessivamente, una vendita che varia tra i 16mila e i 20mila kg giornalieri.
Il costo di smaltimento medio è, invece, quantificato in circa 4/5 euro al kg. Significa che il costo di eliminazione del solo residuo nelle pescherie ha un valore in Sicilia di circa 30.000 euro al giorno. A questi vanno aggiunti i residui della ristorazione che, ad esempio, potrebbero essere usati per i mangimi. E i residui industriali che sono quantificabili in diverse tonnellate. Si tratta pertanto di un comparto che produce un volano economico con enormi potenzialità ma, al momento, non sfruttate. Mentre la promozione di questi scarti ne potrebbe aumentare notevolmente il valore, riducendo sensibilmente i costi di smaltimento per chi lo produce, togliendo materia organica dal ciclo rifiuti e alleggerendo le amministrazioni comunali. Da qui l’obiettivo condiviso di creare un centro regionale di stoccaggio per lo smaltimento e la trasformazione del residuo di pesce che potrebbe curare le attività di ritiro del residuo, di lavorazione ed estrazione.
Un unico “Polo”, situato in un’area di produzione dove viene trasformato il lavorato. Ciò avrebbe il vantaggio di mediare i flussi di residuo, ottimizzando i tempi morti dell’impianto, e potrebbe dotarsi anche di un laboratorio di ricerca, utile ad implementare la quantità e la qualità di molecole attive e bioderivati estratti. Il progetto, ovviamente, dovrà essere accompagnato da uno studio di fattibilità che verrà avviato e definito in tempi brevi.
Ciò è quanto è emerso, oggi, presso il Circolo nautico “Gionata” di Carini, lungomare Cristoforo Colombo 881, dove si è svolto un incontro tra gli operatori del settore e i principali attori dell’iniziativa dal tema: “Il progetto Bythos, i residui di lavorazione del pescato risorsa a grande valore aggiunto”. A presenziare i lavori sono stati il professore Vincenzo Arizza dell’Università di Palermo (responsabile del progetto Bythos) e Francesca Donato (europarlamentare). L’avvocato Alfredo Ambrosetti, presidente del Distretto Pescaturismo, ha fatto pervenire, invece, un messaggio.
Il progetto Bythos nasce, infatti, con l’obiettivo di trasformare gli scarti di pesce, come il tonno, i crostacei, i molluschi e il pesce azzurro, in nuovi prodotti estratti da molecole bioattive. Prime tra tutte il collagene e gli omega 3 e 6 che possono essere usati anche come antibatterici, antimicrobici, antitumorali per la salute umana nel campo delle biotecnologie, ma anche per altri svariati usi, tra i quali anche la cosmetica.
Un percorso realizzato nell’ambito dei programmi Interreg Italia-Malta, di cui è capofila l’Università di Palermo, in particolare il Dipartimento STEBICEF – Scienze e tecnologie biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, in collaborazione con l’Università di Malta, il Ministero Maltese dell’Ambiente, il Distretto turistico Pescaturismo, il comune di Lipari, e l’azienda Aquabiotech che si occupa di sviluppo, ricerca e acquacoltura.
Il collagene, oggi, viene estratto principalmente dagli scarti di macellazione dei maiali. Sappiamo bene che nel mondo arabo tutto ciò che proviene dai maiali è considerato un prodotto impuro. Il collagene, quello che invece è estratto dal pesce ha una forte richiesta nel mercato arabo, proprio nell’ambito delle creme di bellezza. Un dato non secondario se si pensa che un grammo di collagene estratto dal pesce può valere sul mercato anche 100 euro. Inoltre dall’estrazione di omega 3, collagene e principi attivi può essere realizzata la farina di pesce da destinare agli allevamenti ittici. Questo consentirebbe una forte riduzione della quantità che viene conferita in discarica e, quindi, un notevole risparmio recuperando così quella materia che andrebbe inevitabilmente perduta. Considerando anche che si tratta di un prodotto fortemente inquinante che deve essere trattato come rifiuto speciale. Quindi l’operazione di recupero diventa un valore aggiunto per la collettività.
E proprio a Lipari è stato allestito un laboratorio nel quale saranno svolte le analisi dei campioni di lavorazione provenienti da tutta la Sicilia. L’Isola infatti è destinataria di un finanziamento di oltre 2 milioni di euro nell’ambito del programma INTERREG V-A Italia-Malta 2014-2020. Il processo avviato servirà ad individuare per ciascuna tipologia di scarto la tipologia di materia prima maggiormente presente. Questi scarti sono vengono già divisi in uscita da alcuni stabilimenti: dagli scarti di acciughe dell’azienda Balistreri di Aspra, a quelli di tonno prodotti dalla Castiglione di Trapani. Ogni tipologia di scarto si presta a specifiche estrazioni. Il progetto è anche l’occasione per mostrare la grande qualità in termini di ricercatori e personale scientifico che sa esprimere la Sicilia. Tutti gli addetti selezionati dall’Università di Palermo, che stanno partecipando al lavoro di ricerca, sono stati formati negli istituti siciliani.
Chi desidera avere più informazioni sul progetto Bythos potrà collegarsi al sito: www.bythos.eu. Uno strumento utile in quanto i produttori che producono gli scarti di lavorazione potranno contattare i progettisti che sottoporranno gli scarti ad analisi preventive finalizzate a comprendere che tipo di materia prima può essere estratta. Il progetto prevede anche la realizzazione di una mappatura dello scarto di pesce prodotto in Sicilia. E questo potrà favorire il recupero di una più grande quantità di scarto derivante dai rifiuti e inserirlo nella produzione che alimenterà il tessuto economico del settore.
“Il progetto Bythos ha come peculiarità il recupero e la trasformazione dei principi bioattivi delle imprese ittiche conserviere siciliane che, altrimenti, verrebbero persi per gli elevati costi a cui le aziende andrebbero incontro. Queste biomasse provenienti dagli scarti del pesce – ha detto nel suo intervento il professore Vincenzo Arizza (Università di Palermo) responsabile del progetto Bythos – potrebbero essere utilizzate non solo in medicina e nella cosmetica, ma anche per ricavarne farine alimentari, olio di pesce e per l’acquacoltura. Una ingente biomassa che, purtroppo, viene gettata via tra cui una quota di pescato, la cosiddetta ‘bycatch’ (cattura accidentale) di pesce che non raggiungendo i banchi di vendita è destinata a non poter essere utilizzata. Per non parlare di alici e sardine che potrebbero essere recuperate. Inoltre, abbiamo fatto grandi passi avanti con la realizzazione di due laboratori: uno a Lipari e l’altro a Malta, dove insegneremo come estrarre il collagene e l’olio di pesce. Ma l’obiettivo centrale del progetto è quello di realizzare un Hub regionale, a cui stiamo lavorando, con la possibilità di istituire anche delle sedi provinciali, per la creazione di un consorzio di imprese del settore interessate alla raccolta della produzione degli scarti e all’utilizzazione delle materie estratte, anche con la collaborazione degli enti locali”.
“Un progetto ad alto contenuto innovativo – ha affermato l’europarlamentare Francesca Donato – che sfrutta la sinergia fra Università e ricerca, impresa e operatori del settore ittico, per ottenere il riciclo di materiale di scarto trasformandolo in materia prima di altissimo valore. Un’iniziativa che recepisce al meglio le indicazioni dell’Unione europea nel senso della Circular Economy, dell’innovazione e della tutela dell’ambiente. Il compito della politica sul territorio, così come nei parlamenti nazionale ed europeo, è quello di dare il massimo supporto a queste realtà produttive, valorizzando e sostenendo chi vi opera e si mostra capace di elaborare progetti ambiziosi per le nostre regioni e di tradurli in essere”.
“Siamo intervenuti su questo tema – ha detto Alfredo Ambrosetti, presidente del Distretto Pescaturismo e Cultura del Mare, nel messaggio che ha fatto pervenire durante il convegno – perché la possibilità di realizzare una piattaforma di stoccaggio e di recupero degli scarti di pesce, oltre alla trasformazione in farine alimentari, può aprirsi anche al mercato arabo, quale rilevante bacino economico nel settore della cosmesi. Infatti, proprio nei paesi arabi l’uso del collagene da pesce è accettato non essendo proveniente da carne di maiale. Non trascurando il fatto che le stesse farine animali possono essere utilizzate anche in medicina, salvaguardandone l’aspetto ecologico da cui ne deriva anche la riduzione degli scarti”.
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