«Quando mi chiedono quando finiranno le mafie rispondo quando finiranno le famiglie. Quando l’umanità troverà nuove forme di organizzazione sociale, nuovi patti d’affetto, nuove dinamiche in cui crescere vite». Così parlò Roberto Saviano, il vate della sinistra italiana.
La ghiotta occasione per demonizzare la famiglia, Saviano l’ha colta con un fondo pubblicato sul Corriere della Sera. Raccontava dell’arresto di Maria Licciardi, la boss della camorra campana. Dopo aver spiegato della pericolosità della criminale campana, con un racconto ricco di dettagli e spunti talvolta cruenti, Saviano nel bel mezzo del suo storytelling, sveste i panni del cronista per eleggersi a filosofo e demiurgo delle sorti dell’umanità.
Così facendo, però, ha strillato una corbelleria gigantesca. Ora, bisogna capire se si sia trattato del classico colpo di sole estivo. Talvolta capita anche ai più bravi, anche se personalmente non iscrivo il Saviano alla categoria degli “ottimi”. Ho la netta sensazione che quel giudizio crudele contro le famiglie sia proprio parte integrante della visione del mondo di Saviano.
Diciamolo pure, è il nocciolo duro della sociologia di base di una buona parte della sinistra globalista. Al grido di fricchettoni di tutto il mondo unitevi, i nipotini di Berlinguer (il grande Enrico si rivolta nella tomba) hanno abbandonato la lotta di classe, per scendere in campo sul tema dei diritti, delle unioni e di tutta una serie di amenità. Materiali inutili a creare benessere sociale, ma molto comodi da avere a portata di lingua in un happy hour sul Naviglio. Ovviamente si tratta di diritti a senso unico: una sorta di green pass sociale, tanto per capirci. Saviano è portavoce e portabandiera di questa sinistra.
Il fatto che da quella parte politica si raccontino sciocchezze a badilate e si dipinga un mondo che non esiste, non leva nulla alla pericolosità del loro dogma. Per questo, sono certo che Saviano non abbia vergato a casaccio quelle parole.
Non ho gli strumenti adatti per demolire sul piano scientifico la tesi di Saviano e ridurla a quello che è: una pura sciocchezza. Però, ho la mia storia personale. La storia di mio padre e della mia famiglia. Antonino Burrafato è stato un uomo eccezionale ed un padre meraviglioso. Senza di lui la mia vita non sarebbe stata la stessa. Per questo, quando Saviano parla di destrutturare la famiglia è chiaramente in malafede. Perché guarda solo a ciò che è male, senza neanche pensare per un attimo a quanto forte, utile ed insostituibile sia stato ed è il ruolo della famiglia nella società. Anche nella lotta alla mafia.
Saviano, con quell’intemerata contro la base sociale del nostro vivere, cancella non solo la nostra storia nel segno della Cristianità, ma demolisce con la sua penna scaltra, interi capitoli della storia della lotta alla mafia.
Pensi per un attimo, e si vergogni Saviano, alla meravigliosa e tragica storia della famiglia del Giudice Paolo Borsellino: pensi a Manfredi, Lucia e Fiammetta, ragazzi a cui la mafia ha strappato il padre. Sono rimasti uniti, saldi, legati al principio stesso della loro identità familiare. Rifletta Saviano, sulla storia di Selima Giuliano, figlio di Boris: il coraggioso commissario freddato dalla mafia. Pensi Saviano alla lotta che da quasi trenta anni combatte Tina Martinez Montinaro, nel nome di suo marito, quell’Antonio Montinaro, capo della scorta di Giovanni Falcone.
Le famiglie sono state e sono anche questo. A chi ha avuto strappato un affetto dal crimine organizzato, dalla mafia, spesso il focolare domestico è rimasto l’unico porto sicuro da cui ripartire e continuare a vivere nonostante tutto e nonostante tutti.
Infine, quel che più turba in questa vicenda è il silenzio del Vaticano. Bergoglio non ha parlato, non ha preso posizione, non ha difeso la “famiglia”. Viviamo tempi difficili ed i falsi profeti disseminano le loro menzogne con l’obiettivo di cambiare le nostre vite, privarci della nostra umanità. Ma noi resisteremo.
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