Dal palco aveva dedicato una canzone allo zio, il boss Turi Cappello, “purtroppo – aveva detto – al 41 bis”. E in tv, nel corso della trasmissione Realiti di Rai2, era tornato a tributare affetto e stima al capomafia.
Parole che scatenarono polemiche accese e non pochi guai per il cantante neomelodico Niko Pandetta, una condanna a 8 anni per droga e amicizie solide in Cosa nostra.
Il suo nome compare oggi nell’ultima inchiesta della Dda di Palermo che ha portato in cella 20 tra boss, gregari ed esattori del racket del quartiere Borgo Vecchio. E si scopre che Niko Pandetta era molto legato al capomafia Jari Ingarao che andava a trovare mentre questi era ai domiciliari.
Ingarao, re del traffico di droga, lo voleva a tutti i costi sul palco del rione durante la festa patronale. Il clan controllava il comitato organizzatore e decideva chi dovesse esibirsi, oltre a mettere insieme i soldi per l’ingaggio attraverso le estorsioni. Ma le polemiche seguite all’intervista su Rai 2 avevano creato problemi e le dichiarazioni in studio di un altro neomelodico, Leonardo Zapalà, che aveva detto che Falcone e Borsellino la morte se l’erano cercata, aveva indotto le autorità a vietare le esibizioni di entrambi. Visto il clima, Ingarao temeva che il concerto sarebbe saltato. Lo dice non sapendo di essere intercettato ad altri uomini d’onore.
“Io ci sto provando … quello suona a posto … quello mi fa, dice: ‘al Borgo pure per te, vengo pure senza soldi!'”, sostiene, tentando di risolvere il problema. E all’amico Pandetta dà un consiglio: tatuarsi Falcone e Borsellino per tacitare le critiche e ripulirsi l’immagine.
Un suggerimento a cui il cantante risponde seccamente: “sei un figlio di p… non mi fare… queste cose… ti levo l’amicizia, già te l’ho detto”.
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