La sparatoria e la faida allo Zen 2 tra i Colombo e i Maranzano. Gli agenti della squadra mobile di Palermo stanno eseguendo quattro fermi nei confronti di quattro palermitani accusati di fare parte del commando che martedì scorso hanno fatto fuoco contro Giuseppe Colombo e i figli Antonino e Fabrizio lasciando sul selciato una decina di colpi tra proiettili inesplosi e bossoli.
Le indagini sono state coordinate dalla Dda. Per i quattro c’è l’aggravante del metodo mafioso.
I poliziotti della squadra mobile di Palermo, diretti da Rodolfo Ruperti, hanno fatto luce su quello che è sembrato un agguato mafioso.
I quattro fermati accusati dalla polizia di fare parte del commando che ha sparato martedì scorso allo Zen 2 di Palermo contro Giuseppe Colombo e ai figli Antonino e Fabrizio sono i palermitani Giovanni Cefali, 62 anni, Nicolò Cefali, 24 anni, Vincenzo Maranzano, 49 anni, Attanasio Fava, 37 anni.
Subito dopo la sparatoria gli agenti della squadra mobile avevano fermato i fratelli Litterio e Pietro Maranzano, di 35 e 21 anni.
Il gip Filippo Serio aveva convalidato l’arresto per i due fratelli Litterio e Pietro Maranzano fermati poche ore dopo la sparatoria e che così restano in carcere.
A squarciare il muro di omertà degli uomini dello Zen 2 a Palermo è stata una donna che ha raccontato tutto ai poliziotti e ha permesso di mettere fine alla guerra che si era scatenata tra i Maranzano e i Colombo.
Dopo l’arresto di Giuseppe Cusimano, ritenuto il nuovo capo nel quartiere, la convivenza tra i due gruppi familiari era diventata insostenibile. Più volte i Maranzano avevano fatto capire ai Colombo che dovevano andare via. Fino all’epilogo che non si è trasformato in un duplice omicidio solo per alcune coincidenze.
Martedì pomeriggio, mentre i Maranzano preparavano un raid armato contro i Colombo, la donna che ha aperto uno squarcio nel mondo dello Zen si è rivolta ai poliziotti.
Una scelta dirompente. Se si pensa che in ospedale con le ferite di arma da fuoco sia Giuseppe Colombo, il padre che il figlio Antonino si sono rifiutati di parlare e hanno imposto il silenzio anche alla stessa donna.
Non si doveva dire nulla su cosa fosse accaduto quel giorno prima davanti al bar Chery e poi tra via Patti e via De Gobbis.
Lei invece ha chiamato tre volte il numero di emergenza 112 e ha raccontato all’operatore della sala operativa della polizia che i Maranzano stavano preparando . Ha implorato di intervenire. “Vi prego, stanno per succedere cose gravissime allo Zen”.
L’operatore del 112 ha passato la telefonata alla polizia, la donna ha ripetuto in lacrime il suo urlo di dolore. La centrale ha inviato subito una volante, ma i Maranzano si erano nascosti. Due ore dopo, alle 15, hanno fatto scattare il raid. Giuseppe e Antonino Colombo, padre e figlio, sono stati attirati in un tranello, in via San Nicola.
A sparare contro di loro sarebbero stati Litterio Maranzano e suo fratello Pietro, che la scorsa settimana sono stati fermati dagli investigatori della squadra mobile diretti da Rodolfo Ruperti.
Un’indagine a tempo record, che ha potuto contare su una testimone d’eccezione: la donna coraggio dello Zen, è una familiare dei Colombo, adesso è sotto protezione dello Stato. Ha fatto i nomi dei responsabili del tentato omicidio, ha spiegato anche il movente del raid, dopo una lite: “Ho visto una quarantina di persone che si preparavano — ha messo a verbale — c’erano Litterio e Pietro Maranzano, sono andato da loro, gli ho chiesto di chiudere questi discorsi. Litterio Maranzano era molto adirato nei confronti di Antonino Colombo e Giuseppe Cusimano perché speravano che i Maranzano lasciassero il quartiere, considerata la loro cattiveria”.
Lui e Colombo dicevano: “Litterio si sta dimostrando insopportabile agli occhi di tutti». Questa intercettazione, riportata in alcune cronache giornalistiche, aveva fatto andare Litterio Maranzano su tutte le furie. E diceva alla donna coraggio che voleva fermare la faida: “Da qua a stasera, o con le buone o con le cattive, i Colombo se ne devono andare dallo Zen, sennò gli spariamo». La donna non si è persa d’animo: “Gli ho detto che era assurdo continuare questa diatriba. Mi ha risposto: Tu sei donna, non puoi capire”.
Questo racconto ha fatto scattare la contestazione di tentato omicidio con il metodo mafioso, il provvedimento porta le firme del procuratore aggiunto Salvo De Luca e del sostituto Amelia Luise, della Dda, poi anche del sostituto Eugenio Faletra.
Un racconto che ha trasformato un giorno di ordinaria violenza allo Zen nel giorno del riscatto. “Perché qui non si può più continuare a vivere così”, ha continuato a ripetere lei. Dopo tanta violenza, è l’unica voce che è arrivata dallo Zen: le vittime, ricoverate in ospedale, si sono invece chiuse in un profondo silenzio. « Martedì mattina, eravamo al bar Chery — così inizia il racconto della donna — uscendo, Antonino ha dato scherzosamente una piccola spallata a un tale Cefali, che lo ha guardato male. Pietro Maranzano ha offeso Antonino dicendo: “Testa di minchia la finisci di insultarlo?”
Qualche minuto dopo, un’auto ha bloccato la vettura di Fabrizio Colombo, il fratello di Antonino: « Cefali è sceso e gli ha sferrato una testata. Ne è nata una colluttazione, Giuseppe Colombo li ha divisi». Momenti concitati allo Zen. La donna ha capito subito che quello poteva essere l’inizio di un’escalation di violenza. «Ho provato a fermare tutto, ma non ci sono riuscita, Intanto, si preparava il raid. “Cefali ha detto al telefono che voleva fare pace”. Ma era una trappola. «Sono arrivati con cinque auto, c’era tanta gente. Litterio ha dato una testata a Giuseppe. Litterio e suo fratello avevano delle pistole in mano.
Sono arrivati anche due ragazzi su uno scooter, li ho visti sparare. Poi, sono fuggiti. Mentre Cefali e un altro ragazzo raccoglievano i bossoli. Intanto, io chiamavo il 112″. La prima volante arrivata allo Zen si è ritrovata in una strada deserta. Ma non tutto era stato cancellato. La Scientifica ha recuperato due proiettili inesplosi calibro 9×21, due bossoli dello stesso calibro, un bossolo 7,65 e infine due ogive (una calibro 40 e l’altra 9×21). Poi, ancora sei bossoli. I Colombo sono rimasti feriti in modo non grave, ma poteva essere una strage. E, ora, le parole accorate della donna coraggio sono destinate a fare più rumore di quei proiettili. Vanno più lontano.