C’è la crisi, bisogna tirare la cinghia, non si arriva a fine mese. Ma c’è un limite a tutto, e nel cuore e nella mente arriva la sensazione di essere giunti all’insopportabile. Si fa spazio l’idea di non voler vivere più, di aver toccato il fondo, di non poter più tornare indietro, a una vita faticosa sì, ma almeno dignitosa.
E quando si perde il lavoro, si perde tutto. A questo avrà pensato Ferdinando Bosco, il disoccupato che mercoledì scorso si è ucciso dandosi fuoco nella sua auto a Villabate, proprio davanti il suo ex posto di lavoro.
Un’uscita di scena eclatante e dolorosa nella sua ferocia, un modo per dire ‘preferisco questa fine ad un futuro incerto’.
Un copione che stava per ripetersi ieri, al municipio di Marsala, dove un ex autista di scuolabus, anche lui licenziato da poco, si è dato fuoco. Eppure la sua era una vita normale, fin quando nel luglio scorso l’appalto è stato vinto da un’ altra società e assieme ad altri 37 colleghi è rimasto a casa. Simone Sammartano, questo il nome dell’uomo, è stato salvato grazie al provvidenziale intervento di alcuni presenti che hanno spento le fiamme.
Stamattina l’ennesima storia di disperazione: Luigi Cinà, 48 anni, ha tentato di darsi fuoco sul tetto del padiglione 17 dell’Asp di via La Loggia a Palermo. L’uomo, disoccupato anche lui, lavorava per una società partecipata del Comune che gestiva il servizio di centralino dell’Asp ma che poi è fallita. E’ stato salvato dalla polizia.
Sono segnali chiari di un’Isola ormai in ginocchio, dove le promesse sono state tante, e la speranza in un futuro migliore è stata archiviata da tempo.
Dal 2007 ad oggi in Sicilia sono stati persi 140mila posti di lavoro e sono oltre 200mila le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà assoluta. Dal 2012 a oggi sono stati in 40 a togliersi la vita in Sicilia per ragioni legate al lavoro, sono soprattutto disoccupati.
“Viene meno il paracadute della famiglia, i pensionati non riescono più, con i redditi esigui che hanno a disposizione, a mantenere una generazione in difficoltà», dice il sociologo Nicola Ferrigni dell’ Osservatorio sui suicidi dell’ Università degli Studi Link Campus University. Nel 2012 la fascia più colpita era quella di chi ha 44-45 anni, nell’ ultimo periodo c’ è un aumento dei giovani (25-34 anni). «La cosa che colpisce di più è che prima a togliersi la vita erano gli imprenditori falliti del Nordest, adesso cresce il numero di quelli che si suicidano perché hanno perso il lavoro e non riescono a reintegrarsi”, continua il sociologo Ferrigni.
Intanto nei Comuni i servizi sono sempre minori, i sindacati fanno quello che possono ma sono i primi a lanciare l’allarme di una situazione davvero insostenibile.
Ad adoperarsi per cercare di trovare una soluzione anche il Centro Pio La Torre che ha presentato all’Ars un disegno di legge il cui obiettivo è garantire un reddito di cittadinanza per le famiglie sotto la soglia di povertà.
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