Nella storia dell’Autonomia siciliana non era mai accaduto. In settanta anni di bilanci consuntivi mai uno era stato bocciato dalla Corte dei Conti. Mai era stato definito inaffidabile come accaduto oggi e per di più in cinque macro aree, quelle principali della spesa regionale.
E’ una bocciatura che pesa come un macigno quella della Corte dei Conti nei confronti della Regione siciliana. Il procuratore generale d’appello Pino Zingale aveva detto chiaramente alla fine della sua relazione “non si può giungere alla dichiarazione della regolarità del conto del bilancio per l’esercizio finanziario 2016”.
La Corte lo ha ascoltato ed ha deciso di non parificare il rendiconto generale della Regione siciliana per il 2016. Ma non ha chiuso del tutto la porta in faccia al governo Crocetta. Alla Regione ha assegnato dieci giorni di tempo per presentare memorie che spieghino i conti ritenuti inaffidabili, insomma per difendersi. La Corte dei Conti tornerà poi a riunirsi il 19 luglio per assumere, in udienza, la decisione definitiva.
Spiegare contestazioni così ampie è cosa difficile ed appare improbabile che se la Sicilia non c’è riuscita negli ultimi tre anni di avvisi, possa farlo in quindici giorni. Di fatto il pronunciamento della Corte dei Conti appare anche ‘politico’. Essendoci gli estremi contabili i giudizi hanno preso le distanze da un governo Crocetta che si è sempre comportato come se fosse al di sopra di qualsiasi verifica.
Tutto, dunque, resta paralizzato per i prossimi 15 o 20 giorni. Se la Regione riuscirà a giustificarsi tutto tornerà a posto e fine dei giochi (o quasi, questo stop è comunque un segnale forte ai mercati internazionali sul fronte dei debiti che la Sicilia deve onorare).
Ma cosa accadrà se il 19 luglio la Corte dei Conti deciderà di non parificare il bilancio? L’ipotesi è del tutto nuova, nella storia non è mai successo. Andiamo per ordine ed analizziamo le conseguenze di questa situazione.
Se il bilancio non verrà parificato decadrà sia il rendiconto generale 2016 che il bilancio di previsione triennale e quello di previsione 2017 e l’intera macchina di spesa regionale si fermerà. Bisognerà procedere a rettificare le voci contestate, e lo si dovrà fare anche con risorse 2017 o di anni a seguire impegnando le somme a pareggio del debito e della mancata corretta imputazione contabile. E’ evidente che queste somme verranno a mancare dalle previsione di spesa dell’anno in corso con conseguente blocco della spesa. Per rimettere in piedi una macchina che funzioni finanziariamente ed economicamente ci vorranno probabilmente anni.
Secondo problema sarà quello dei debiti. E’ probabile che le grandi società di rating declassino la Sicilia considerandola un ‘cattivo pagatore’ e dunque classificando il debito a rischio. I mutui contratti con grandi banche di investimento potrebbero subire un aumento del costo degli interessi o, nei casi più gravi, le banche potrebbero perfino chiedere il rientro dal debito immediato e in questo caso il problema dei conti siciliani si moltiplicherebbe.
Qui il terreno appare ancora più inesplorato. Di fatto il mancato pareggio di bilancio causerebbe la decadenza del bilancio di previsione 2017. L’assenza del bilancio di previsione 2017 rappresenterebbe una violazione dello Statuto e se questa cosa proseguisse sarebbe una continuata violazione dello Statuto. In via del tutto teorica il Commissario dello Stato, che non ha più i suoi poteri di controllo, potrebbe però attivare uno dei pochi poteri che gli sono rimasti e chiedere il Commissariamento della Sicilia. Tutto questo è solo ipotetico non essendo mai stato perseguito un simile iter. Ma se anche andasse così si tratterebbe di un atto puramente politico. Il percorso per il commissariamento è lungo e difficile e la fine del mandato incombe. Arriverebbero, probabilmente, prima le elezioni del commissario.
Per evitare, però, l’onta dell’avvio delle procedure di commissariamento, Crocetta potrebbe dimettersi come fece Cuffaro quando, per motivi assolutamente diversi, si adombrò questa ipotesi. In quel caso la Regione sarebbe affidata al vice Presidente fino alle elezioni. Ma Crocetta non è Cuffaro e la vicenda non è di natura penale.
Se anche si evitasse sia il commissariamento che le dimissioni e si trovassero le risorse per rimettere a posto i conti del 2016 con soldi del 2017 e si ripartisse, anche se economicamente in folle, resterebbe un altro grande tema: quello della candidabilità. La domanda che in queste ore si stanno ponendo costituzionalisti, amministrativisti e politologi è chiara: dopo un simile pronunciamento Crocetta sarebbe ricandidabile o scatterebbe l’incandidabilità? E questa incandidabilità riguarderebbe solo il presidente della Regione o anche gli assessori e i novanta deputati di sala d’Ercole?
La domanda è legittima perchè la procedura in questione porta, di fatto, alla dichiarazione di dissesto dei conti della Sicilia. La legge sugli enti locali è chiara e considera incandidabili sindaco, giunta e consiglieri di un comune dichiarato in dissesto. Ma la Regione siciliana non è un Ente locale qualunque, c’è lo statuto autonomistico. E allora la norma si applica o non si applica? Sembrerebbe di sì, almeno al Presidente della Regione.
Dunque il default della Sicilia significherebbe incandidabilità per Rosario Crocetta. Ma tutto questo non è mai avvenuto prima e dunque il terreno è inesplorato anche da un punto di vista legale e giuridico. Di certo ci sono solo i danni enormi per la Sicilia che ne deriveranno e che pagheremo tutti noi siciliani.