La Corte Costituzionale ha parzialmente accolto i ricorsi presentati da Campania, Puglia, Sardegna e Toscana contro la legge sull’Autonomia differenziata, evidenziando criticità in sette disposizioni specifiche. Pur non dichiarando l’intera legge incostituzionale, la Corte ha invitato il Parlamento a intervenire per sanare le lacune riscontrate. La decisione, giunta dopo due giorni di Camera di consiglio, ha suscitato reazioni contrastanti tra maggioranza e opposizione.
Tra i punti contestati, la Corte ha sollevato dubbi sulla procedura di aggiornamento dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), ritenendo illegittima la previsione che affidasse tale compito a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Questa procedura, secondo la Corte, limiterebbe il ruolo del Parlamento, a cui spetta la decisione sostanziale. Analogamente, la Corte ha criticato la delega legislativa per la determinazione dei LEP su diritti civili e sociali, giudicando insufficienti i criteri direttivi forniti al Governo.
Un altro aspetto critico riguarda la possibilità di modificare, tramite decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali. La Corte ha espresso preoccupazione per il rischio che tale meccanismo possa favorire le regioni inefficienti, che potrebbero ottenere risorse statali senza garantire l’adempimento delle funzioni trasferite. Al di là delle specifiche bocciature, la Corte ha riaffermato il principio di sussidiarietà, sottolineando che la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni deve essere finalizzata al bene comune e alla tutela dei diritti costituzionali, non a un mero riparto di potere.
La Corte ha sottolineato l’importanza del principio di sussidiarietà nella distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni, evidenziando che l’obiettivo primario deve essere il miglioramento dell’efficienza, una maggiore responsabilità politica e una risposta più efficace ai bisogni dei cittadini. La decisione, frutto di un’ampia discussione e di una piena condivisione tra i giudici, verrà depositata nelle prossime settimane. La sentenza avrà inevitabilmente ripercussioni sui quesiti referendari, in particolare su quelli che potrebbero essere riformulati o dichiarati superati dalla Cassazione. Il dibattito sull’Autonomia differenziata, dunque, è destinato a proseguire.
“La Corte costituzionale scongiura definitivamente il pericolo di un’Italia a due velocità attraverso intese intergovernative e non parlamentari. Saranno le Camere, nel pieno esercizio delle loro funzioni legislative e rappresentative dei cittadini, a porre le basi di una garanzia paritaria dei livelli di assistenza delle prestazioni essenziali nel Paese. Il tutto rafforzato da un significativo richiamo al principio dell’unità e della coesione sociale” è il commento del presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, commentando la decisione della Corte costituzionale in merito alla legge sull’autonomia.
L’intervento della Corte costituzionale sulla legge sull’autonomia differenziata riporta dritta la barra sui principi della Costituzione. Scongiura lo spezzettamento dell’Italia, eliminando di fatto un macigno che avrebbe azzerato le prospettive di sviluppo della Sicilia e minato profondamente l’unità del Paese. Lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, che in una nota attacca anche il presidente della regione Renato Schifani.
“Lo Schifani che oggi parla di coesione sociale e di pericolo scongiurato di un’Italia a due velocità – afferma Mannino – è lo stesso Schifani che a suo tempo ha dato via libera alla legge? Perché non ha posto questi problemi in Conferenza Stato Regioni, attaccando invece chi come la Cgil e la Uil protestava contro il provvedimento?”.
Aggiunge il segretario della Cgil: “La Consulta conferma inoltre che Schifani si era venduto, per puri calcoli politici lo statuto siciliano, in forza del quale la Regione può esercitare ampia autonomia”. E ancora: “Il presidente della Regione – sottolinea Mannino – guardi piuttosto ora a quello che sta succedendo con la legge Finanziaria, se vuole fare gli interessi reali della Sicilia. Se si pensa davvero di sottrarre risorse al Mezzogiorno, se si pensa di implementare la dotazione finanziaria per il ponte sullo Stretto, dirottando su di esso i finanziamenti che servirebbero per strade, ferrovie e altre infrastrutture necessarie per la Sicilia e per la Calabria”.