Ottavio Abbate, uomo della Kalsa a Palermo, anche dal carcere di Agrigento dove era detenuto controllava tutto. Grazie ad alcune schede telefoniche intestate a cittadini del Bangladesh e quindi ritenute sicure, secondo l’uomo finito nell’inchiesta dei carabinieri che ha portato la scorsa notte ad otto arresti.
Schede telefoniche che dovevano essere anche cambiate quando è arrivata la voce che Francesco Colletti, uomo della famiglia di Villabate, aveva deciso di iniziare a collaborare. Colletti sapeva che Ottavio mandava ordini dal carcere attraverso il telefonino e quelle schede erano bruciate.
Abbate, parlando con il figlio e la moglie, spiegava come fare arrivare le nuove schede pulite. Nelle telefonate l’esponente della famiglia della Kalsa gestisce tutto. I soldi da versare all’avvocato, dirime questioni legate al mandamento. E poi sempre i soldi da dare ma soprattutto da ricevere.
“Mi deve dare 7.000 euro a me… ancora non me li ha dati”, diceva il figlio Salvatore, riferendosi a un uomo soprannominato “U pompa di benzina”, come si legge nell’ordinanza firmata dal gip Walter Turturici. Dalla cella attraverso il telefonino Ottavio Abbate passava i suoi ordini a “Nicola dello Sperone”, “stuppaglia”, “Daniele u funcia”. Tutti soprannomini di persone che dovevano soldi alla famiglia Abbate. Richieste di saldo che arrivavano dal carcere in modo perentorio e che dovevano essere soddisfatte “anche a costo di vendere le macchine”, come si legge nell’ordinanza.
Le intercettazioni sono frutto di un’operazione scattata all’alba di oggi dai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Palermo che hanno eseguito nel capoluogo siciliano e a Napoli un’ordinanza cautelare del gip del tribunale nei confronti di 8 persone, su richiesta della Dda, accusate di detenzione e cessione, in concorso, di sostanze stupefacenti. In carcere sono stati portati i palermitani Ottavio Abbate, 55 anni, Antonino Abbate, 40 anni, Francesco Paolo Cinà, 28 anni, Pietro Abbate, 60 anni, e Ugo Mormone, 44 anni. Ai domiciliari Salvatore Abbate, 22 anni, Marco Abbate, 23 anni, e Fabrizio Bianco, 24 anni. L’indagine, avviata nel gennaio del 2019, coordinata da un pool di magistrati diretti dal procuratore aggiunto Paolo Guido, ha smantellato un’organizzazione dedita allo spaccio nel mandamento mafioso di Porta Nuova che aveva come base i quartieri di Borgo Vecchio e della Kalsa.