“Il tempo passa e la situazione non è cambiata. Attendiamo da un anno e mezzo che l’annunciata riforma diventi legge”. È la Fp Cgil Sicilia che torna a denunciare il nulla di fatto fino ad oggi dalle Istituzioni Politiche della Regione sulla vicenda delle Ipab.
“Ormai con cadenza quasi quotidiana – affermano il segretario generale, Gaetano Agliozzo, e il segretario regionale, Massimo Raso, nella lettera indirizzata al governatore Musumeci, all’assessore Scavone e ai capigruppo all’Ars – assistiamo a situazioni a dir poco sconfortanti”.
I sindacati denunciano il ritardo nei pagamenti del personale che, a fronte del regolare lavoro svolto, percepisce non in modo puntuale gli stipendi, accumulando anche ritardi che vanno dai 30 ai 40 mesi ma anche enti dichiarati estinti da decreti del presidente della Regione. Su questo aspetto, denuncia la Cgil, il Comune, dove insiste una Ipab, è chiamato ad assorbire i dipendenti della struttura cessata, facendo salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico. Un fatto che non avviene, costringendo così i lavoratori a ricorrere al giudice per vedere riconosciuto il proprio diritto alla immissione in ruolo nei ranghi delle amministrazioni comunali.
Vi sono inoltre Ipab inattive vista la situazione di difficoltà economico-finanziaria finendo con il “sequestrare” i lavoratori, costringendoli a dover rimanere “agganciati” per anni nella speranza di una soluzione che non arriva mai. I dipendenti rimangono così senza stipendi e senza ammortizzatori sociali che non sono previsti per le pubbliche amministrazioni. Ci sono anche, denuncia la Cgil, alcuni lavoratori prossimi al pensionamento ma penalizzati dal fatto che l’Ente non ha provveduto a versare i contributi.
Intanto i sindacati chiedono di vigilare alle istituzioni regionali e verificare cosa sia successo dall’estinzione al mancato assorbimento nei Comuni. Servirebbe, concludono Agliozzo e Raso “riconoscere il diritto delle IPAB all’’integrazione economica per le prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario che le Opere Pie hanno erogato in favore dei propri utenti non autosufficienti in misura non inferiore al 74% (come, peraltro, riconosciuto da alcune sentenze), ponendo in essere le iniziative amministrative necessarie a rifondere le Ipab e i Comuni che hanno versato alle Ipab le integrazioni delle rette; verificare quello che succede in alcune Ipab (come denunciato persino in alcune interrogazioni da parte di parlamentari della maggioranza) dove abbiamo lavoratori che non percepiscono stipendi e si esternalizzano servizi. Insomma, la Regione non può assistere impotente rispetto a questo sfacelo e noi non possiamo limitarci ad indicare ai lavoratori la via dell’azione legale che è lunga e dispendiosa. Occorre trovare, ed in fretta, una soluzione politica che ridia speranza e certezza a questi lavoratori e che renda le Ipab delle moderne aziende pubbliche di servizi alla persona”.