L’arte moderna dialoga con quella antica a Palazzo Reale. Un’installazione ottagonale dell’artista romano, ma ormai palermitano d’adozione, Edoardo Dionea Cicconi, è stata sistemata al centro del cortile Maqueda: assorbe i raggi solari e al crepuscolo li rilascia sotto forma di luce, nei colori dell’aurora boreale.

L’iniziativa

L’iniziativa è stata promossa dalla Fondazione Federico II e spiegata nell’ambito di un confronto fra il direttore Patrizia Monterosso e l’autore, prima della scopertura. L’opera è stata realizzata appositamente per lo spazio in cui è posta, ne segue le proporzioni e le simmetrie, riproponendo il numero otto, particolarmente caro a Federico II che lo ereditò dalla tradizione arabo-normanna. L’installazione, al calar del sole, sembra animarsi di vita propria, dissolvendosi e assumendo cromatismo e dinamismo. Il suo nome, come tutte le altre opere dell’artista, è un codice 150-93, la distanza chilometrica fra la Terra e il Sole, una variazione millimetrica avrebbe conseguenze apocalittiche.

L’intuizione di Cicconi

L’intuizione di Cicconi, vicino alle teorie del fisico Carlo Rovelli, è che arte e scienza non possano continuare a procedere in maniera contrapposta. “E’ un tentativo – ha spiegato Patrizia Monterosso – di sanare questa frattura che risale a tanto tempo fa. L’installazione al tramonto rilascia la luce fisica assorbita durante il giorno in una dimensione di spazio e tempo al di fuori del contingente. Abbiamo dimenticato a cogliere i nessi casuali, quelle interconnessioni che permeano la realtà. Nel 1905, Einstein formulò la teoria della relatività, Picasso non lo conobbe eppure ebbe la stessa intuizione dal punto di vista figurativo. Dobbiamo imparare a cogliere i legami nascosti, cui sapevano guardare i grandi artisti del passato, per metterli al servizio dell’umanità”.

“La natura – ha detto Cicconi – si esprime attraverso codici che l’artista può decriptare e riproporre in scala. Questa installazione è alta quattro metri e i lati hanno una dimensione di 40 centimetri, la sua forma ottagonale richiama l’infinito, nel suo insieme dialoga con la geometria del cortile attraverso lo sviluppo della sezione aurea. Confrontarmi con i secoli di storia che sono racchiusi a Palazzo Reale, mi crea un’emozione che stento a nascondere. Mi sono innamorato di Palermo appena atterrato per la prima volta all’aeroporto, il suo background culturale per me è fonte di ispirazione. Un artista non vive di luce propria, ma assorbe quella circostante”.

La scultura è composta da lastre opache e specchianti durante il giorno che riflettono l’ambiente circostante, di notte si dissolvono e diventano trasparenti irradiando un’aurora boreale nel cuore di Palermo.

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