Per 12 anni fino all’età di 78 anni un’insegnante siciliana ha percepito sia lo stipendio che la pensione. La vicenda surreale, come la definiscono nella sentenza i giudici della Corte dei conti, riguarda una professoressa, che nonostante fosse andata in pensione nel 2006, avrebbe continuato a percepire il doppio emolumento fino al 31 agosto del 2018.
Un danno complessivo di 72 mila euro. A commettere l’errore, come stabilito dai giudici contabili d’appello, presieduti da Giuseppe Aloisio, sarebbero stati il dirigente scolastico della scuola Giovanni Paolo I, di Belpasso (Ct) Concetta Rapisarda di Belpasso il dirigente amministrativo Maria Ida Favia, nata a Taranto.
La dirigente con rito abbreviato ha pagato la somma di quasi 11 mila euro, pari al 30% dell’importo richiesto dal procuratore regionale Pino Zingale.
La dirigente amministrativa è stata condannata a risarcire la somma di 18 mila euro, il 50% dell’importo contestato.
L’insegnante ha continuato a percepire la doppia somma perché “la dirigente scolastica – scrivono i giudici – avrebbe dovuto sottoscrivere il modello D con il quale l’istituto scolastico comunica agli organi competenti, allora al dipartimento provinciale del Tesoro, il collocamento in quiescenza del personale assegnato alla scuola, al fine di interrompere il pagamento dello stipendio e attivare il pagamento della pensione.
La dottoressa Favia, quale responsabile della segreteria scolastica aveva l’obbligo di predisporre tutta la documentazione connessa al collocamento in quiescenza della professoressa e accertarsi la trasmissione del modello.
La responsabilità non può essere attenuata dalla circostanza che nel periodo interessato la dottoressa Favia si trovasse in congedo e venisse sostituita dalla signora Rosa Tomasello con funzioni vicarie. La dirigente appena rientrata avrebbe dovuto accertarsi della trasmissione del modello D”.
In effetti i finanzieri che sono andati presso l’istituto scolastico hanno trovato il modello nella carpetta dell’insegnante solo che il foglio non è stato mai spedito.
L’insegnante che ha percepito sia lo stipendio che la pensione è morta a marzo del 2019. La Ragioneria dello Stato ha iniziato un’azione di recupero nei confronti degli eredi. Azione molto complessa visto che incombe il rischio di prescrizione.
I mandati di pagamenti degli stipendi indebitamente erogati alla professoressa andata in pensione il primo settembre del 2006 fino al 31 agosto del 2018 ammontano a 289.805 euro. In base alla prescrizione quinquennale sono stati richiesti alla dirigente scolastica e alla dirigente amministrativa a 72 mila euro.
La dirigente amministrativa Favia si è difesa nel processo e ha contestato i mancati controlli a monte che si sono protratti per circa 12 anni. Nessuno in tutti questi anni ha riscontrato la macroscopica irregolarità. La professoressa morta nel 2019 ha continuato a percepire lo stipendio fino al 2018 “nonostante avesse 78 anni, – scrivono i giudici – senza che nessuno notasse l’anomalia costituita dal fatto che veniva corrisposto un emolumento stipendiale ad un soggetto di età anagrafica assolutamente incompatibile con lo stesso”.
Una mancanza di controlli che hanno determinato la riduzione della contestazione avanzata durante il processo. Non 36 mila euro, ma il 50% circa 18 mila euro. Anche la dirigente amministrativa avrebbe voluto chiudere la partita con il rito abbreviato proponendo di versare 5 mila euro. Una istanza inammissibile per i giudici per l’inadeguatezza della somma offerta.