“Mentre pranzavo, una telefonata concitata mi ha strappato via la tranquillità. ‘Corri, corri, corri, mureru tutti!’, urlava Paolo Sciortino. Ho lasciato tutto e sono corso verso l’impianto”. Così Giovanni D’Aleo, operatore dell’escavatore per la Quadrifoglio, ricorda i terribili momenti che hanno preceduto la tragedia di Casteldaccia, dove cinque operai hanno perso la vita il 6 maggio in un impianto di sollevamento fognario. Lo riporta il Giornale di Sicilia.

L’orrore all’interno dell’impianto

Arrivati sul posto, D’Aleo e il collega Giuseppe Scavuzzo si sono trovati di fronte a una scena agghiacciante. “Paolo era fuori che urlava, Giordano e Viola, che avevo lasciato a scavare i pozzi, erano già morti dentro l’impianto”, racconta D’Aleo. Un odore fortissimo, “tipo di gas, fognatura”, impregnava l’aria. Coprendosi la bocca con la maglietta, D’Aleo è entrato nell’impianto fino alla passerella, limite oltre il quale l’aria irrespirabile gli impediva di proseguire.

“Ho visto Viola cadere”: la testimonianza di Sciortino

Anche Paolo Sciortino, l’altro operatore dei mezzi pesanti della Quadrifoglio, ha raccontato i momenti drammatici vissuti all’interno dell’impianto. “C’era una puzza fortissima come di gas”, ha spiegato agli inquirenti. Superata la porta d’ingresso, ha visto Alsazia a pancia in giù, Giordano con la mano protesa verso la vasca, “forse per recuperare qualcuno che era caduto lì dentro”. Poi la scena più straziante: “Ho visto Viola scendere, girarsi, guardarmi, fare una mossa come per non cadere e poi cadere sul pianerottolo”. Nella vasca, i vestiti di Miraglia, riconoscibili per i pantaloni arancioni con le strisce catarifrangenti.

“Non Sapevamo dei rischi”

Dalle testimonianze emerge anche la mancanza di informazioni sui rischi e di adeguate protezioni. Giuseppe Scavuzzo ha dichiarato di non aver mai visto le mascherine con i filtri laterali, obbligatorie per entrare in ambienti confinati come quello dell’impianto fognario. “Non sapevamo come si chiamavano”, ha ammesso. Un’ulteriore conferma della scarsa attenzione alla sicurezza che ha contribuito alla tragedia.

Cinque vittime e tre Indagati

La tragedia di Casteldaccia ha spezzato la vita di cinque operai: Epifanio Alsazia, 71 anni; Ignazio Giordano, 59 anni; Roberto Raneri, 51 anni; Giuseppe Miraglia, 47 anni; e Giuseppe La Barbera, 28 anni, impiegato interinale dell’Amap. Erano arrivati all’impianto per un intervento di manutenzione, ignari del pericolo mortale che li attendeva. In pochi secondi, una nube di acido solfidrico, sprigionatasi dalla decomposizione dei liquami, li ha avvelenati, senza lasciare loro scampo. Tre persone sono indagate per omicidio colposo plurimo in concorso, con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro: Gaetano Rotolo, direttore dei lavori per AMAP, la società committente; Giovanni Anselmo, amministratore unico della Tek; e Nicolò Di Salvo, contitolare della Quadrifoglio, subappaltatrice dei lavori.

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