Il termine è scaduto ieri a mezzanotte. E anche se il meccanismo dell’invio dei documento via Pec può rendere il bilancio ancora parziale è certo che solo una decina dei 120 Comuni che erano chiamati a fornire alla Regione i documenti che certificano i danni provocati in Sicilia dagli incendi di luglio, agosto e ottobre si è fatta avanti per tempo. Palermo è fra questi e ha presentato un carteggio che indica una richiesta di aiuti del valore doppio di quanto calcolato fino a qualche settimana fa.
È un passaggio delicatissimo. La Protezione Civile nazionale, guidata da Fabrizio Curcio, a inizio gennaio aveva negato la dichiarazione di stato di calamità richiesta dalla giunta Schifani in autunno. E il motivo – aveva spiegato Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile – era proprio legato alla mancanza dei documenti a supporto di questa richiesta. Mancavano le ordinanze con cui i sindaci dovevano dichiarare inagibili gli immobili colpiti dalle fiamme e obbligare lo sgombero dei locali.
Sollecito ai comuni
Per questo un sollecito, ma anche una mano tesa, ai Comuni in difficoltà nel completamento delle istruttorie necessarie per la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale per i gravi danni provocati dagli incendi della scorsa estate in Sicilia arriva dalla protezione civile regionale.
È questo il senso della nota che il capo della Protezione civile regionale, Salvo Cocina, ha inviato a 120 Comuni dell’Isola su disposizione del presidente della Regione, Renato Schifani. Una documentazione, ritenuta necessaria da Roma, che gli enti dovranno far pervenire alla Regione entro il prossimo 19 gennaio, in modo tale da poter chiedere al dipartimento nazionale della Protezione civile il riesame dell’istanza, così come deciso nei giorni scorsi nel corso di una riunione al ministero.
Collaborazione istituzionale
“Continueremo – evidenzia il presidente della Regione – ad assicurare la massima collaborazione istituzionale. La Regione è a disposizione delle amministrazioni comunali che hanno avuto difficoltà nella redazione dei provvedimenti che attestino la vastità del danneggiamento e i gravi disagi indotti al tessuto economico e sociale dei Comuni. I sindaci, che comunque sono autorità di protezione civile sui territori, i dirigenti degli enti o i tecnici comunali non esitino a contattare gli uffici della nostra Protezione civile per tutti i chiarimenti del caso”.
La vicenda
La lettera che negava lo stato di calamità era giunta subito dopo l’Epifania emergenza in Sie riguardava gli incendi del luglio scorso, che hanno causato sei vittime e oltre 150 milioni di euro di danni a case, boschi, attività produttive e infrastrutture.
“Non un fatto politico, ma una questione esclusivamente tecnica”, si affrettavano a spiegare dalla protezione civile.
“Sulla base della documentazione fornita e degli esiti dei sopralluoghi tecnici – scriveva il capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio – pur riscontrando numerose situazioni di disagio, prevalentemente temporanee, e di puntuali danneggiamenti, si è valutato che gli eventi non siano stati tali da giustificare l’adozione di misure che trascendono le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria”.
Dopo la dura reazione del Presidente Schifani e le polemiche il Ministro Nello Musumeci aveva convocato le due protezioni civili, nazionale e regionale, a Roma e in quella sede si è concordato per un incremento di documentazione per una nuova analisi della richiesta. Ma la documentazione mancante è quella dei comuni e i tempi sono stretti
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