• “Un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. Così la relazione Antimafia Ars sulla Sanità Regionale.
  • 11 mesi di lavoro, 52 audizioni, 203 pagine di inchiesta.
  • Duro monito: “Cantieri lumaca. Portati a termine solo 7 dei 79 interventi”.
  • M5S: “P.A. permeabile alla corruzione”

“La sanità pubblica, nelle parole di Antonio Candela, sarebbe stata solo ‘un condominio’ (anzi: il suo condominio), un privatissimo business del quale spartirsi quote millesimali, carriere, appalti, profitti: tutto. Non si tratta solo dell’idea malata e isolata d’un personaggio che ha fatto della propria carriera, e di una certa ingiustificata notorietà, il passe-partout per impadronirsi della sanità siciliana. In questi vent’anni una parte non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati, ha avuto lo stesso sguardo avido sulla salute dei siciliani: un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. È quanto si legge nelle conclusioni della commissione regionale Antimafia, presieduta da Claudio Fava, che ha approvato all’unanimità la relazione “Inchiesta sulla sanità siciliana-le interferenze della politica e gli aspetti corruttivi”, presentata in conferenza stampa a Palazzo dei Normanni.

11 mesi di lavoro, 52 audizioni

Ben 11 mesi di lavoro, 52 audizioni tra amministratori, medici, sindacalisti, giornalisti, imprenditori, dirigenti regionali, parlamentari, assessori.

Il lavoro della Commissione Antimafia si è concentrato piuttosto su due direttrici: la trasparenza (o meno) della spesa sanitaria e dunque l’efficacia dei meccanismi di controllo; la legittimità (o meno) delle interferenze della politica nella gestione della sanità siciliana.

Quadro imbarazzante

Ne emerge un quadro a tinte cangianti: accanto a qualità e professionalità complessive dell’offerta medica – pubblica e privata – in Sicilia, si collocano una serie di episodi non marginali di corruzione, interferenza, arrivismo, manipolazione della pubblica fede – si legge nella relazione – Esemplare e imbarazzante – anche su questo versante – la lunga permanenza, a fianco degli uffici di governo siciliani all’epoca della giunta Crocetta, d’un ‘governo parallelo’, estraneo alle istituzioni regionali, avido ed impunito, che puntava ad orientare scelte, carriere, spesa e profitti. Fino all’epifania giudiziaria dell’inchiesta Sorella sanità che ci ha mostrato la labilità del confine che separa certa supponente antimafia dalla pratica della corruzione”.

Per l’Antimafia “ad intercettare la molestia e l’avidità di certi comportamenti è intervenuta (quando ha saputo, quando ha voluto) la magistratura. Raramente la politica”.

Poche le denunce, pochissimi gli interventi in autotutela”, si legge nel documento. “È il dato più significativo che ci consegnano questi undici mesi di lavoro: un peccato di ignavia, nel più benevolo dei casi; più spesso, una somma di interessati silenzi che hanno messo la nostra sanità nelle condizioni di essere costantemente contesa, occupata, maltrattata”, osserva la commissione parlamentare. “E chi ha avuto cuore e libertà per denunciare spesso ne ha pagato un prezzo alto in termini di carriera e di isolamento – sottolinea l’Antimafia – C’è stato anche un sentimento politico trasversale che ha provato a costruire un argine contro queste consuetudini, cercando di garantire attorno alla spesa sanitaria un onesto sforzo di vigilanza e di trasparenza”.

Gli “sconfinamenti” della politica

Secondo l’Antimafia regionale “resta irrisolto l’altro punto centrale di questa indagine: quali sconfinamenti della politica sono legittimi in base ad un principio di dovuta responsabilità nel fornire indirizzi politici, e quali sono da considerare indebite interferenze di campo?”. “Linea di confine esilissima – sostiene la Commissione – Certamente, la stagione di governo che ha visto Lucia Borsellino alla guida della sanità regionale ed un nutrito nugolo di malversatori e presunti ‘consigliori‘ agitarsi alle sue spalle è una delle pagine meno degne di questi anni. Anche per l’oltraggio che quel cognome, così importante per la Sicilia, ha ricevuto impunemente da taluni personaggi (fino a quando la giustizia ordinaria – non la politica – li ha fermati)”.

“Sul tema della spesa pubblica – insiste la Commissione – c’è poi un ritardo complessivo nel mettere in campo strumenti normativi che diminuiscano le aree di arbitrio, garantiscano qualità e rapidità delle scelte sottraendo questa spesa ai rischi corruttivi. In questo senso il fallimento dell’esperienza della Cuc è il monito più significativo che questa inchiesta registra”.

Pandemia ha evidenziato deficit

L’Antimafia registra inoltre margine “come la crisi Covid-19 abbia evidenziato, qualora ve ne fosse stata ulteriore necessità, i deficit di organico nel comparto della sanità regionale: solo lo sblocco delle procedure concorsuali potrà garantire un accesso trasparente ai ruoli della sanità pubblica. Riducendo, al tempo sesso, il potere di condizionamento della politica e ristabilendo il primato del merito nelle procedure di assunzione”.

“Sullo sfondo – conclude la relazione – resta il lavoro faticoso, determinato, prezioso che migliaia tra medici e operatori sanitari garantiscono ogni giorno negli ospedali siciliani. E che non può essere offeso dal comportamento irridente e opportunista di pochi loro colleghi o dall’ansia di clientele alimentata da una consuetudine politica dura a morire. In ogni caso, resta ancora molto da fare”.

Corruzione

“A margine delle testimonianze raccolte, resta la sensazione che l’attività anticorruzione sia vissuta come una sorta di mero adempimento: molto formale, molto burocratico, molto lasco, molto distratto. Spesso i dirigenti responsabili devono dividersi su più fronti, con le ovvie conseguenze sul piano dell’efficacia e dell’efficienza dei presidi di prevenzione. Altre volte è l’assenza di un supporto effettivo e di un sentiment assolutamente poco condiviso a svilire il ruolo di questa funzione. E non può passare inosservato il fatto che i rischi legati all’emergenza pandemica raramente abbiano determinato un innalzamento dei livelli di controllo”. È quanto si legge nella relazione finale dell’Antimafia siciliana sulla sanità in Sicilia riguardo al capitolo sull’anticorruzione.

“È una fotografia che abbiamo voluto condividere con l’assessore Razza nel corso della sua audizione, anche al fine di comprendere quali siano le iniziative del governo su questo versante”, si legge nel documento.

Le audizioni di Razza

Durante l’audizione all’assessore alla Salute, il presidente dell’Antimafia, Claudio Fava, chiede: “Come mai, secondo lei, nell’agosto del 2021 tutti gli ospedali, con pochissime eccezioni, ci dicono che l’attività di anticorruzione è considerata, nei fatti, un’attività marginale?”. Razza: “Io penso perché l’abitudine era questa e perché nessuno l’aveva mai posto come obiettivo strategico. Magari se vedremo decadere qualche direttore generale, per questo motivo, diventerà immediatamente un obiettivo di maggiore importanza”.

Fava: “Diciamo insomma che l’assessore si impegna a considerare, tra i vulnus che vanno eventualmente considerati come condizioni risolutive del rapporto di lavoro, il fatto che non si dia applicazione a ciò che la legge prevede sulla centralità della funzione anticorruzione”.

Razza: “Deve essere così, tenuto conto che poi tante volte – altrimenti rischiamo di dare dell’anticorruzione la stessa impressione di una certa antimafia – l’anticorruzione si nutre di comportamenti, di procedure e dell’applicazione del principio della trasparenza. Il che non vuol dire che l’amministrazione che applica al 100% tutti i parametri previsti dalla normativa sia esente da episodi di corruttela… É necessario, però, che tutti avvertano come prioritario questo obiettivo. È necessario che tutti avvertano come prioritaria la lotta alla corruzione”.

Fascicolo di 203 pagine, cantieri lumaca

Nel fascicolo di 203 pagine riflettori puntati anche sui cantieri della Sanità siciliana. In particolare, riporta l’inchiesta dell’Antimafia Regionale, sugli appalti per costruire nuovi reparti di terapia intensiva con i 128 milioni di euro assegnati dal governo nazionale.

“Ad un anno dalla nomina dell’ex dirigente regionale di Tuccio D’Urso come soggetto attuatore, solo 7 dei 79 interventi programmati sono stati portati a termine. Colpa della vacatio di due mesi all’assessorato alla Salute, si giustificherà D’Urso in Antimafia, riferendosi alle dimissioni dell’assessore Ruggero Razza per l’inchiesta sui numeri “taroccati” della pandemia. Una versione sconfessata dallo stesso assessore”, riporta Repubblica.

M5S: “P.A. permeabile alla corruzione”

“Dalle audizioni in commissione Antimafia emerge chiaramente che il sistema della pubblica amministrazione regionale resta purtroppo permeabile alla corruzione. Questo si evince in particolare nel comparto della sanità, dove viene investita la metà, circa 10 miliardi di euro, dell’intero bilancio regionale. Un dato molto eloquente, su cui bisogna riflettere e intervenire”. Lo sostengono Roberta Schillaci e Antonio De Luca, deputati regionali del Movimento 5 Stelle e componenti della commissione Antimafia all’Ars. La commissione ha presentato oggi la relazione conclusiva dell’inchiesta sul comparto della sanità nella Regione siciliana.

Schillaci: “Rivedere il sistema, servono modifiche normative”

“L’anticorruzione è stata trasformata – commenta Roberta Schillaci – in un mero adempimento  burocratico che non incide concretamente nella prevenzione. Il sistema va rivisto soprattutto nel settore sanità, a cominciare dalla figura del responsabile anticorruzione, talvolta un soggetto con doppi incarichi e con attività rilevanti difficilmente conciliabili con un’adeguata prevenzione. Inoltre, non tutti hanno attivato il whistleblower e canali di segnalazione dei casi sospetti. Serve inoltre un ripensamento di tipo legislativo, con modifiche normative sulle commissioni aggiudicatrici sprovviste di professionalità e sul ruolo dei presidenti, che non possono continuare a operare a titolo gratuito, mentre gli altri componenti hanno un compenso”.

De Luca: “Sanità è diventata un favore e non è più un diritto”

“Cambiano i governi – aggiunge Antonio De Luca – ma non cambia, purtroppo, il livello della corruzione nella sanità regionale, che in Sicilia continua a essere un favore e non un diritto. Non si è per niente investito in un processo di rigenerazione delle strutture regionali che dovrebbero prevenire distonie come ad esempio la centrale unica di committenza, che non funzionava quando è stata istituita e non funziona neanche ora, priva delle necessarie risorse umane. Fortunatamente, la fallimentare esperienza del duo Musumeci-Razza volge alla fine e noi faremo del nostro meglio perché si racconti tutt’altra storia”.

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