“L’accordo Almaviva è una buona notizia, siamo contenti che siano stati scongiurati i licenziamenti ma è del tutto palese che continua il laccio del ricatto. L‘accordo raggiunto è evidentemente al ribasso e fa continuare l’ingiusta e la lenta agonia ai danni dei lavoratori. La realtà è che questo governo di più non può fare, è ormai asservito alle logiche del mercato e, paradossalmente ma non tanto, è la parte debole della trattativa rispetto all’imprenditore, vero padrone di tutto in questo sistema troppo liberista e sbilanciato verso il profitto. A farne le spese saranno sempre i lavoratori, sotto la minaccia del licenziamento che per ora grazie ad ammortizzatori sociali viene solo spostato nel tempo. La verità è che sia il governo nazionale che quello regionale hanno scaricato di fatto sui lavoratori e sul costo del lavoro il rilancio del sistema industriale italiano. Tremo al pensiero di quello che riusciranno a partorire nella riforma del sistema dei Call center, vista la evidente abdicazione della politica a favore dei mercati. Saremo sempre al fianco dei lavoratori che difendono i loro diritti e il loro lavoro. Ma in questo sistema di liberismo puro in cui ci spinge questa Europa e questo governo, lo spazio per la giustizia sociale e per i diritti legittimi dei lavoratori è sempre più ristretto: è necessaria una presa di coscienza e un cambio di modello di sviluppo, altrimenti non meravigliamoci se nel futuro avremo mille casi come Almaviva”.
L’intervento è del capogruppo dei Comitati Civici al consiglio comunale di Palermo Filippo Occhipinti e ci offre lo spunto per una serie di riflessioni sull’accordo sbandierato come ‘salvataggio di 3000 lavoratori’ da tutti all’alba di oggi. Dal governo, dai partiti politici, dai sindacati.
Il ruolo delle aziende
Premesso che non c’è proprio nulla da rimproverare (su questo accordo) ad Almaviva Contact che non può più sostenere il peso degli stipendi in un momento di crisi, delocalizzazioni e perdita di commesse senza l’applicazione di clausole di salvaguardia e che, semmai, erano altri i momenti in cui discutere con le aziende del settore, quando erano floride, la soluzione trovata è una chiara ed evidente pezza. ma una pezza che non si può certo imputare a chi denuncia perdita da 1 milione di euro al mese, perdite che nell’ultimo periodo sono salite fino a 1 milione e mezzo e dunque sono insostenibili.
Insomma si evita la ‘rivolta’, sociale che sarebbe esplosa il 6 giugno ma la si sposta solo a dicembre (salvando anche la campagna elettorale referendaria).Ma si fa anche di più. si diluisce l’impatto dei licenziamenti prevedendone non tremila tutti in un colpo ma esuberi del 205 in un anno ovvero fra dicembre 2016 e novembre 2017.
Gli effetti dell’accordo
Di fatto di spacca il fronte dei lavoratori. Se ogni due mesi saranno dichiarati in esubero un centinaio di lavoratori, queste proteste saranno tollerabili e gestibili e alla fine dell’anno saranno stati liquidati i primi 600.
Un po’ alla volta si smantellerà il sistema evitando proteste di massa e reazioni di piazza difficili da gestire.
L’accordo raggiunto non è una soluzione ma un modo per evitare le conseguenze sociali di un declino inevitabile e che il governo non riesce a controllare ne a gestire. Il job act fornisce uno strumento che un imprenditore sarebbe stupido a non utilizzare. Liberatosi dei lavoratori potrà assumerne e formarne altri per un triennio con contratto a tutele crescenti e ‘scaricarli’ prima che scattino le tutele vere. Questa è la direzione intrapresa.
Non è l’imprenditore il nemico in questa battaglia, ma il mercato che detta regole alle quali l’imprenditore deve adeguarsi e a farne le spese è sempre il lavoratore.
Le soluzioni possibili ma volontariamente ignorate
C’è un solo modo per arginare questa emorragia nel settore dei call center e i primi a dirlo da tempo sono gli stessi imprenditori a cominciare da Almaviva, ma non certo solo loro. Occorrono strumenti che disincentivino la delocalizzazione, che penalizzino le aziende, soprattutto a controllo pubblico, che affidano i loro servizio a call center albanesi o romeni con servizi che spesso scadono per difficoltà di comprensione, di lingua e così via ma che vengono erogati sempre, senza interruzioni, sciopero e così via.
Ma su questo fronte il governo ‘non sente’ e la concorrenza con quelle strutture che possono avvalersi di un costo del lavoro ridotto anche a un terzo rispetto a quello italiano è impossibile da sostenere. il risultato finale sarà lì’impoverimento generale e l’appiattimento delle condizioni di lavoro europee verso i livelli più bassi. perché dopo aver distrutto il sistema Italia si passerà a quelli degli altri paesi.
Licenziamenti congelati ma non scongiurati e nessun salvataggio
Di fatto, ad oggi, se la bozza firmata all’alba dovesse reggere il confronto con i lavoratori, i licenziamenti sarebbero congelati ma occorre ben altro per scongiurarli