Una composizione che non piace a nessuno. O quasi visto che non tutti hanno ritenuto che parlare dei Beni Culturali siciliani fosse interessante. A distanza di tre settimane torniamo a parlare della vicenda del Consiglio regionale dei Beni Culturali che non veniva mai rinnovato? Si è dovuto attendere otto anni, per vedere ricomposto un organo strategico per la gestione dei Beni culturali in Sicilia, che adesso c’è. Ma il risultato è un Consiglio regionale dei Beni culturali a cui si fatica a riconoscere autorevolezza, sia per la ridefinizione della sua composizione sia per le nomine fatte dall’ex Assessore Carlo Vermiglio.
Dopo aver scritto della nuova composizione tre settimane fa con l’articolo della storica dell’arte Silvia Mazza (leggi qui) abbiamo chiesto a tutti i candidati presidente della Regione come valutavano questa vicenda e come opereranno se eletti.
Per Nello Musumeci “Molto spesso gli organismi regionali servono ad appesantire le procedure diventando una zavorra piuttosto che un vantaggio. Nel caso specifico del Consiglio regionale dei beni culturali già alcuni anni fa ho denunciato il grave ritardo nel mancato rinnovo dell’organismo. Alla fine la montagna ha partorito il topolino.
Siamo per organismi snelli ed agili, affidati a persone di provata competenza, la politica faccia un passo indietro”.
Per Giancarlo Cancelleri “E’ assolutamente impensabile che un organo a cui sono affidate competenze così rilevanti per la tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, ad esempio, come recita la norma fornendo indicazioni anche in relazione all’elaborazione di eventuali proposte legislative concernenti la tutela dei beni culturali, il risanamento e la destinazione dei centri storici, la difesa e la valorizzazione delle coste, l’istituzione di parchi naturali ed archeologici o emettendo pareri su concessioni demaniali che abbiano connessione con i beni culturali e ambientali, sia esposta alle correnti politiche di turno, senza mettere al centro le competenze, il merito, insomma, persone di alto profilo. E’ vero che la modifica normativa del 2015 rispetto alle norma del ‘77 vede una rilevante riduzione della rappresentanza politica, ma, solo per fare un esempio, non si capisce il nesso fra il ruolo del Consiglio e i Presidenti delle Commissioni legislative al Bilancio e alla Cultura e Lavoro. Il rischio che si corre è di fare gli interessi di bottega, spesso miopi, soprattutto quando si parla di risorse da spendere. Dare risalto alle effettive competenze, com’è nelle nostre intenzioni, è l’unica risposta per tutelare i Beni Comuni”.
Per Claudio Fava “È del tutto evidente che sul fronte culturale, come su tutti gli altri, occorre far ricorso alle migliori competenze, che in Sicilia per fortuna non mancano. Non siamo come i 5Stelle che propongono di importare i manager fuori dall’isola, come se i siciliani non fossero all’altezza del compito. Consideriamo quindi davvero un fatto grave aver nominato quali componenti del Consiglio regionale dei Beni Culturali solo personalità politiche e nessun addetto ai lavori. Nomine frutto di un malsano rapporto fiduciario e di subalternità. Ci sarebbe invece davvero bisogno di interrompere una pratica di arroganza e di avvalersi di personalità e specialisti che meglio conoscono i problemi e le necessità di un settore delicatissimo che può e deve costituire uno degli strumenti cardine di una nuova politica economica e culturale”.
“Il turismo e la cultura – continua Fava – sono le voci del più grande potenziale economico siciliano. L’offerta culturale può diventare la più grande “azienda” siciliana. Non serve una Regione bancomat, che si limiti ad amministrare e ad elargire (pensiamo alle spese di fine legislatura dell’assessore al turismo per decine di sagre di paese…). Occorre un piano integrato per il Turismo e la Cultura che faccia di questo giacimento naturale (65 siti e musei, il 30% dei beni archeologici del Mezzogiorno, 14 teatri greci, una straordinaria tradizione teatrale) il volano di un diverso modello di sviluppo e per nuovi profili formativi nella formazione professionale. È in questa ottica che ho chiesto la disponibilità a fare l’assessore alla Cultura della mia Giunta a Ninni Bruschetta, attore, regista, manager teatrale, cioè un uomo che sa di cosa si parla e che potrà dare un impulso alla politica culturale in Sicilia con la collaborazione ed il sostegno di straordinarie competenze da valorizzare e coinvolgere in questo progetto”.
Per Roberto La Rosa “La Sicilia non ha bisogno di tenere in vita parlamentini e organi di sottogoverno tipici della I Repubblica. I beni culturali non fanno eccezione. Il Consiglio Superiore dei Beni Culturali può avere un ruolo strategico, soprattutto in un Paese ad altissima densità di beni culturali come la Sicilia, ma solo come organo tecnico-consultivo del “Ministro” (Assessore) ai Beni Culturali per definire la legislazione e le strategie in materia. Per questa ragione la riduzione a 15 componenti può anche essere giusta (da valutare con attenzione però, in funzione di una corretta rappresentatività delle relative competenze) ma queste non dovrebbero comprendere neanche un politico, e i tecnici dovrebbero essere “eletti” o almeno indicati dalle istituzioni culturali e non “nominati” dall’alto, e senza alcun costo se non sobri rimborsi spese. Il rilancio dei Beni culturali, per “Siciliani Liberi”, passa dal riconoscimento degli stessi come “petrolio siciliano”, secondo due direttrici: difesa (attraverso la catalogazione, il recupero, il restauro,…) e valorizzazione (attraverso la costituzione di enti economici in attivo come nella Valle dei Templi e l’integrazione nei circuiti turistici). I Beni culturali dovranno essere integrati in un unico “Ministero” (assessorato) per la Cultura con competenze su: Beni culturali e identità siciliana; Turismo; Sport; Spettacolo, produzione letteraria e multimediale; Ufficio linguistico regionale”.
Per il candidato di centro sinistra Fabrizio Micari, però, nonostante più volte sollecitato e attraverso canali diversi l’argomento non risulta degno di una risposta ai siciliani.
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