Si riunirà oggi la sezione penale Corte di Cassazione sul caso del killer della strage di Capaci e non solo Giovanni Brusca che ha chiesto di finire la pena ai domiciliari. L’udienza si svolge stamani a porte chiuse, senza la presenza dei difensori che hanno mandato memorie scritte. Il verdetto si saprà domani.
Dopo ventitré anni di carcere Brusca potrebbe uò finire di scontare la pena ai domiciliari. Ancora una volta il supermafioso tenterà di ribaltare l’ennesimo rifiuto, alla richiesta di domiciliari, del tribunale di sorveglianza. Oggi la prima sezione penale della Corte di cassazione, si riunirà per decidere sul ricorso degli avvocati del boss, Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti. Giovanni Brusca, che faceva parte dell’efferato clan mafioso dei corleonesi, veniva definito “u scannacristiani” per la sua ferocia nel commettere omicidi, tra cui anche quello del piccolo Giuseppe Di Matteo.
Il legale contesta che nell’ultimo rifiuto del marzo scorso, il nono dal 2002, il tribunale di sorveglianza di Roma non ha tenuto nella giusta considerazione le valutazioni del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che dopo i precedenti no ha detto sì all’ipotesi che il pentito sia detenuto a casa. La Procura Nazionale Antimafia aveva detto di sì: “E’ ravveduto”.
Intano Maria Falcone, sorella del giudice assassinato proprio nelle strage di Capaci, continua a sostenere che “Brusca non merita ulteriori benefici”. “Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione – dice la presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia -, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca”.
Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, aveva negato la scarcerazione, avanzando pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento. “Mi limito a citare la motivazione del provvedimento in cui il tribunale – continua Maria Falcone -, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca ‘un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile’”.
Giovanni Brusca è l’uomo che innescò l’esplosione che uccise il giudice Giovanni Falcone e la scorta. “Ricordo ancora – aggiunge – che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso – tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni- ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici”.
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