Per la prima volta dopo anni in Sicilia scendono le tasse. Le addizionali regionali Irpef che i siciliani pagano al massimo consentito dalla legge fin dall’accordo sul piano di rientro sanitario e dunque da oltre dieci anni (interi governo Lombardo e Crocetta) adesso scendono sotto la soglia.
E’ solo il primo effetto delle manovre economiche. “Il 2018 sarà ricordato come l’anno in cui comincia un percorso di contrazione delle imposte nell’isola. E’ un primo segnale di un percorso che comunque è lungo” dice a BlogSicilia l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao.
Un provvedimento che i siciliani cominceranno ad apprezzare fra qualche mese (LEGGI QUI LE NUOVE ALIQUOTE DI IRAP E IRPEF). Ma si tratta soltanto di uno degli effetti delle scelte fatte in materia economico fiscale dalla Regione. Le novità sono tante e sono contenute tanto nella legge di stabilità quanto nell’accordo con lo Stato siglato nei giorni scorsi.
Assessore Armao ma questo accordo con lo stato è davvero storico?
“Io preferisco non definirlo storico ma è comunque rilevante. Direi grandemente rilevante. Innanzi tutto perché segna un cambiamento di atteggiamento. Passiamo a una fase durante la quale lo Stato ha imposto norme, spese, contributi, prelievi forzosi alla Sicilia ad una fase pattizia nella quale ogni cosa passa attraverso un accordo fra lo Stato e la Regione. Questo è frutto, naturalmente, anche di tanti pronunciamenti della Corte Costituzionale che hanno dato ragione alla Sicilia”.
Ma se non è storico come accordo, quali sono i punti veramente importanti di questa intesa?
“Come le dicevo intanto è importante il cambio di atteggiamento. Ma detto ciò la Sicilia guadagna spazi di manovra economica importante grazie a questo accordo. Innanzitutto cambiano gli importi del contributo al risanamento della finanza pubblica. Fino ad oggi la Sicilia ha subito la quantificazione di questo contributo valutato 1 miliardo e 305 milioni di euro l’anno. Un importo stabilito unilateralmente da Roma e calato nelle casse regionali e degli enti locali siciliani come una mannaia. Dal 2019 questo importo non è più frutto di una imposizione ma di un accordo che ci permette di recuperare 304 milioni di euro l’anno. Il contributo al risanamento della Finanza pubblica passa da 1 miliardo e 305 milioni a 1 miliardo e 1 milione. In un triennio per la Sicilia significa 912 milioni di euro guadagnati. Una riduzione sostanziosa degli oneri siciliani che riallinea la situazione dell’isola a quella di altre Regioni a Statuto speciale riproporzionando il contributo anche in virtù del maggior esborso degli anni scorsi”.
Ma restano in piedi gli accordi stipulati dal precedente governo?
“No. Nel nuovo patto che è stato firmato c’è insita anche la disdetta di quegli accordi e si pongo le basi per ridiscutere dell’attuazione degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto siciliano (gli articoli che riguardano l’autonomia fiscale della Sicilia anche se in realtà la questione è più articolata, ndr). Si tratta di temi che sembravano morti e sepolti e invece adesso si ritorna al tavolo della discussione per l’applicazione dello Statuto. Recuperiamo capacità di confronto e discussione su ciò che era stato svenduto dal governo Crocetta”
E come lo si potrà fare?
“Gli accordi prevedono che entro settembre 2019 si debba stringere un nuovo accordo per l’attuazione dello Statuto. Si dovranno affrontare temi fondamentali come la fiscalità di sviluppo per la Sicilia, per le nostre imprese e per l’economia dell’isola. Sul tavolo ci saranno temi come la continuità territoriale e dunque trasporti agevolati che mettano la Sicilia ed i siciliani nelle medesime condizioni delle altre regioni per lo spostamento di persone e merci. E ancora dello svantaggio dovuto all’insularità, una condizione che crea proprio uno svantaggio per i siciliani che deve essere compensato. Ma non basta. Ci sono sul tavolo questioni che riguardano l’autonomia impositva sul bollo auto, l’Iva e tanto altro. E tutto dovrà essere frutto di trattativa, accordi. Insomma rinasce il sistema pattizio che deve governare i rapporti fra Stato e Regione”.
Ma se si è ottenuto tutto questo perché l’accordo non sarebbe storico?
“Perché occorre ancora tanto lavoro, una lunga trattativa, entrare nel merito di molte questioni. L’accordo ci permette di recuperare oltre 2 miliardi di euro nel triennio e pone le basi per ritornare a trattare come è giusto che sia ma adesso bisogna affrontare questa trattativa con serietà e credibilità e farlo con i conti a posto”.
Fra le questioni c’è quella del buco da 700 milioni che c’è nei conti regionali dopo il nuovo accertamento della Corte dei Conti. Nella Legge di stabilità si prevede un mutuo trentennale nelle more degli accordi con lo Stato.
“C’è anche questo nell’accordo con Roma. Di fatto spalmiamo i 700 milioni circa di buco in trent’anni ed evitiamo che anche questa eredità dell’ultimo governo pesi troppo sulle casse della Regione. Quella che nella Legge di stabilità era una ipotesi nelle more dell’accordo, adesso è un fatto previsto proprio nell’accordo”
Insomma si sono messi i presupposti per far cambiare strada e tornare ad investire?
“Si è cambiato l’approccio e ora ci sono margini di manovra ed elementi per trattare. E’ stato disdettato anche l’accordo che imponeva il taglio del 2% l’anno alla spesa corrente. Ora bisogna lavorare per la crescita, lo sviluppo, e sulla definizione degli ulteriori accordi”
Il prossimo impegno, adesso, sarà approvare la Legge di stabilità che arriva in Parlamento subito dopo Natale con le sue proposte (leggile qui). Una norma snella che non potrà, però, vedere la luce entro fine anno ma che deve uscire con un sì dall’aula entro la prima decade di gennaio.
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