“C’è chi è stato fermato anche quattro volte ed ha trascorso ore in caserma senza che durante le perquisizioni gli fosse stato trovato nulla. Mai un bastone, una pietra, un cappuccio. Qualcuno ha impiegato anche 12 ore per arrivare a Giardini invece delle tre o quattro necessarie. E alla fine ci hanno perfino dimezzato il corteo rispetto alla prima richiesta di autorizzazione nonostante restassimo comunque lontani dalla zona dove in realtà si trovavano i grandi della terra”.
A parlare a BlogSicilia è Giorgio Martinico. Per chi c’era a Giardini Naxos durante le manifestazioni del G7 è la voce che, da un furgone, guidava la protesta dando indicazioni ai manifestanti con un altoparlante, pronunciando le frasi della protesta. Ci descrive dal suo punto di vista il giorno dei manganelli e dei lacrimogeni. Cariche che si potevano evitare, secondo i manifestanti.
“Quando siamo arrivati a Giardini abbiamo trovato non solo una cittadina blindata, ma soprattuto terrorizzata. I negozianti avevano paura di noi, c’erano negozi barricati. Questo perché era stato fatto una sorta di terrorismo psicologico da chi curava il sistema di sicurezza era stato detto loro di chiudere i negozi e poi abbiamo scoperto che c’era perfino una ordinanza che minacciava multe salatissima a chi avesse aperto durante il corteo”.
Perchè parlate di terrorismo psicologico delle forze dell’ordine? La paura derivava probabilmente dalle immagini dei precedenti G7 con i black block che devastavano negozi e auto al passaggio. C’era motivo di avere paura
“Qui non c’erano i black block. Sfido chiunque in dieci anni di manifestazioni antagoniste in Sicilia a trovare un solo episodio del genere. Non ce la siamo mai presa con i commercianti, con i cittadini, con le auto in sosta. Non è mai successo. E non ditemi che le questure siciliane non ci conoscono. Non eravamo armati, non avevamo cappucci, bende o fazzoletti. Eravamo tutti a volto scoperto e non ci siamo mai e poi mai nascosti“
Però avete tentato di forzare la zona rossa di sicurezza
“La nostra è stata solo una azione dimostrativa, peraltro spontanea nell’ultima fase. Non potevamo in nessun caso raggiungere nessuno e questo era più che chiaro. Avevamo chiesto di fare il giro della cittadina di Giardini e concludere il corteo ricongiungendoci dopo aver girato per la piazza. Ci hanno fermato il corteo a metà e questo ha fatto scoppiare l’indignazione di molti. Non prevedevamo il contatto ma quando il corteo è stato bloccato alcune centinaia di ragazzi si sono sentiti presi in giro e sono tornati indietro entrando a contatto con la forze dell’ordine. Ma non ci sono stati colpi di nessun tipo da parte nostra solo un avanzare a volto scoperto e con le mani nude e lì sono volati lacrimogeni e manganellate”.
E quindi avete desistito
“Era solo una dimostrazione per far vedere al mondo che si stava impedendo il diritto a svolgere una manifestazione, a dimostrare pubblicamente il dissenso. Devo dire che gli abitanti di Giardini ci hanno commosso”
In che senso gli abitanti vi hanno commosso? Non erano terrorizzati da voi?
“La paura della nostra manifestazione è durata giusto il tempo di conoscerci. Quando hanno visto che eravamo ragazzi intenzionati a manifestare il dissenso e non certo venuti a far danni molti sono scesi in piazza con noi. Ho visto ingrossarsi il corteo di gente del luogo man mano che andavamo avanti. Il danno che hanno subito i commercianti con quelle chiusure forzate è uno dei motivi della nostra protesta e lo hanno capito anche loro. Quando sono partiti i lacrimogeni la gente è scesa ad aprire i negozi per darci acqua per gli occhi e per bere ma è stato loro imposto di tornare a chiudere. Ho sentito la solidarietà e la condizione di Giardini e mi sono commosso. E’ per questo che protestiamo in fondo. Per la gente comune”
Ma alla fine sono state poche decine i manifestanti che hanno dato vita agli scontri. Non è così?
“Non è così. Ho visto con i miei occhi centinaia di persone tornare indietro e chiedere di passare per completare il corteo, muoversi compatti verso le forse dell’ordine e non era una cosa organizzata. Peraltro non c’erano infiltrati come si è voluto far credere. Molti di noi portavano una maglietta rossa proprio per riconoscersi. Non tutti per carità. Ma tutti eravamo a volto scoperto, tutti eravamo stati identificati da una a quattro volte. La polizia ha parlato di nemmeno un migliaio di manifestanti. Forse non eravamo cinquemila come si è detto nell’immediatezza dei fatti ma neanche mille. Eravamo diverse migliaia, forse quattromila”.
Ma alla fine a cosa è servito tutto questo? Che senso hanno queste manifestazioni?
“Guardando alla giornata si può delineare un bilancio assolutamente positivo per i siciliani contro il G7. Se da una parte si può considerare fallito il dispositivo del decreto Minniti, dall’altra i manifestanti considerano riuscito l’appuntamento di piazza, nonostante le cariche da parte delle forze dell’ordine e le misure repressive messe in atto per criminalizzare le proteste che non hanno sortito l’effetto sperato. Le dichiarazioni del capo della polizia sono state dichiarazioni politiche. La polizia non deve fare politica. La politica la facciano i politici. Noi abbiamo dimostrato che questo paese sta scivolando verso la negazione dei diritti essenziali come il diritto a manifestare il dissenso. Il sistema di sicurezza è fallito perché non ha garantito i diritti democratici. Si è trasformato in una continua provocazione ai manifestanti. Gli animi sono stati surriscaldati da loro non da noi. Poi non è successo niente perché noi non sfasciamo le vetrine”
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