Un doppio percorso che propone da un lato le innovazioni del mondo digitale e dall’altro il confronto con l’analogico. Due progetti che, allestiti presso il Centro Internazionale di Fotografia all’interno dei Cantieri Culturali della Zisa di Palermo, vedono insieme Serradifalco editore e l’associazione onlus Stupendamente con un progetto patrocinato dal Comune di Palermo. Così dal 16 febbraio (inaugurazione a partire dalle 17. 30) al 5 marzo, sarà possibile immergersi sia nei lavori dei fotografi provenienti da 25 paesi del mondo nella collettiva “Photography in the Visual Culture” curata da Natalia Gryniuk, che nel progetto “I am, I am, I am” sulla poetessa Sylvia Plath, il quale curato da Laura di Trapani vede protagonisti gli scatti di Michela Forte e Stefania Romano.
La multimediale fotografica “Photography in the Visual Culture” è tratta dall’omonimo libro che pubblicato da Serradifalco editore uscirà proprio il 16 febbraio. Un volume imponente: oltre 300 pagine per oltre 350 foto diverse, suddivise per capitoli che spaziano dai temi legati all’essere umano a quelli legati alla moda, la città, la natura e il design. Il libro, tradotto in inglese, giunto alla sua seconda edizione, è uno dei progetti di punta della Serradifalco editore e verrà pubblicato ogni anno proponendo una selezione di alcuni dei fotografi più interessanti presenti sul territorio internazionale. Tra loro e in mostra compaiono ad esempio i nomi di Patric Amacher, Anamaría Chediak, Masaki Hirokawa, Titus Poplawski, Michael Woods.
Nel libro compaiono però anche i palermitani Vincenzo Pipitone con un suo progetto realizzato in Cambogia, il fotografo satellitare Max Serradifalco, Gabriele Paderni e la fotografa di moda messinese Monica Sposito.
Un allestimento immersivo. Gli scatti dei protagonisti della collettiva, infatti, scorreranno lungo dei nuovissimi schermi in alta definizione, in 4k, appositamente installati dentro gli spazi espositivi del Centro Internazionale di Fotografia.
“I fotografi inclusi nella mostra ci danno una prospettiva sul mondo, sugli eventi accaduti e quelli che continuano ogni giorno – spiega la curatrice Natalia Gryniuk – è un taglio trasversale del nostro tempo, ci dà una visione ampia, internazionale, che non è legata al nostro ambiente quotidiano. Possiamo sbirciare attraverso questa apertura visiva sul mondo in cui viviamo, dove le cose accadono e non accadono. Dove la vita talmente diversa è talmente uguale. In sostanza è la visual culture del nostro tempo”.
“I am, I am, I am” invece è un lavoro nel quale, attraverso le stampe analogiche di Michela Forte e Stefania Romano, viene riproposta la visione della poetessa Sylvia Plath, dove il reale viene volutamente disfatto per dare spazio alla rappresentazione di luoghi che sono memoria. Michela Forte, ad esempio, propone vedute esistenziali, luoghi non contaminati da sovrastrutture mentali né sentimentalismi. Stefania Romano invece, conduce ad una dimensione più onirica. Attraverso il ritrarre i luoghi della poetessa e lo scansionare oggetti della sua vita quotidiana: una libreria, una vasca da bagno, uno specchio in cui, una macchina da scrivere.
“Lo spazio e il tempo fotografico sono racconti interiorizzati in cui la luce bianca, i toni onirici sono evocativi di luoghi, di memorie in una corrispondenza tra due forme di poesia e di pensiero – spiega la curatrice Laura Di Trapani – la poesia e la fotografia mostrano, ognuno col proprio linguaggio, la presenza, l’assenza, la parola e l’immagine. Nelle immagini di Michela Forte e Stefania Romano il reale viene volutamente disfatto per dare spazio alla rappresentazione di luoghi che sono memoria. Memoria di una donna, il cui rapporto con l’esterno si fa opaco, in un tempo che sembra essere fermo, dove nessun suono interrompe il pensiero. Il senso della presenza, del possibile, si traduce in uno sguardo che riesce a catturarne la bellezza e che silenziosamente custodisce”.
“Le fotografie continuano ad avere una capacità infinita di registrare eventi e renderli indelebili e soprattutto di rappresentare la realtà o addirittura andare anche oltre – spiega Giovanni Serradifalco, editore e fondatore della Serradifalco editore – poiché viviamo in un mondo del digitale, diventa necessità e diletto un approccio alla visione di fotografi capaci di scrivere con la luce, di leggerne il senso e di restituire uno scatto unico”.