Le donne vittime delle presunte violenze sessuali di padre Salvatore Anello e del colonnello dell’esercito Salvatore Muratore avevano cercato di uscire fuori da quelle morbose richieste di prestazioni sessuali spacciate per riti religiosi per scacciare il demonio.
“Se non metti le mani nelle parti intime – diceva Muratore alle vittime – non ti liberi dal demonio. Demonio che entra sempre dalla vagina”. Per uscire da questo cerchio avevano raccontato quanto succedeva ad alcuni sacerdoti. “Il primo è padre Francois della chiesa di via Perpignano a Palermo, che aveva detto di crederle e di offrirsi di accompagnarla dal vescovo – racconta una vittima – Poi non si è fatto più sentire. Solo dopo mi aveva chiamata prospettandomi le conseguenze negative di una denuncia e sostenendo che il colonnello stava facendo un percorso di purificazione”.
Quando avveniva in quegli incontri non aveva nulla di religioso se non l’uso di crocifissi, immagini e olio benedetto. Così un’altra vittima parlo con un altro sacerdote: Repizo Salazaar Fernando, rettore della chiesa di San Giuseppe Dei Teatini che aveva consigliato ad una delle vittime di presentare una denuncia ecclesiastica, assicurandole che avrebbe favorito un suo incontro con il vescovo. Per cercare di costruire la figura del colonello Muratore gli inquirenti hanno sentito un altro prete padre Giuseppe Maniscalco della diocesi di Monreale che agli inquirenti ha spiegato di conoscere il colonnello da otto anni che per un periodo lo aveva accompagnato nei pellegrinaggi. Poi il colonnello si era avvicinato alla chiesa di via Perpignano gestita da Roberto Elice successivamente arrestato per pedofilia.
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