“Al momento di chiusura della cancelleria del Riesame, non risultano ancora depositati atti da parte della Procura, non abbiamo quindi potuto visionarli. Resta ferma l’intenzione di sottoporre il mio assistito ad interrogatorio. Attendiamo il deposito degli atti per concordare con il magistrato una data”.
E’ quanto afferma l’avvocato Gaetano Scalise, difensore dell’imprenditore Paolo Arata, indagato per corruzione dalla Procura di Roma nel filone che coinvolge il sottosegretario Armando Siri, lasciando gli uffici del tribunale a piazzale Clodio.
Una informativa della Dia in cui sarebbe riportata anche l’intercettazione ambientale che tirerebbe in ballo il sottosegretario Armando Siri: è quanto hanno depositato oggi i pm di Roma al tribunale del Riesame, in base a quanto si apprende da fonti giudiziarie. L’atto, come affermato dall’avvocato Gaetano Scalise, difensore dell’imprenditore Paolo Arata, non è ancora nella disponibilità delle parti.
Il sottosegretario ai Trasporti della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta nata a Palermo. Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia responsabile del programma della Lega sull’Ambiente, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata, però.
Nell’inchiesta romana è coinvolto anche Arata, che risponde di concorso in corruzione. Il professore è indagato anche a Palermo nel filone principale dell’inchiesta per corruzione e intestazione fittizia di beni: secondo i pm siciliani sarebbe stato in affari con l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Manlio Nicastri e Francesco Arata, figli rispettivamente dell’imprenditore dell’eolico Vito, in carcere per concorso in associazione mafiosa e indagato per corruzione, e del faccendiere vicino alla Lega Paolo Arata, anche lui indagato per corruzione, hanno chiesto al tribunale del Riesame di Palermo il dissequestro dei pc e dei documenti che sono stati sequestrati loro il 19 aprile.
Sono entrambi coinvolti nell’inchiesta su un presunto giro di mazzette a funzionari regionali siciliani per ottenere le autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi -Segesta e per le costruzioni di impianti di produzione di energia alternativa riferibili alle società di Paolo Arata e Vito Nicastri.
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