Bruno Ribadi è il primo birrificio siciliano che aderisce al consorzio Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy. La prima associazione della categoria che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.
La nascita del “Consorzio Birra Italiana” per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana è stata promossa da Coldiretti ed è avvenuta a Roma a Palazzo Rospigliosi proprio alla vigilia del solstizio con l’avvio dell’estate che è anche il periodo di massimo consumo della birra.
Lo scopo del nuovo Consorzio cui ha aderito la Bruno Ribadi di Giuseppe Biundo è la valorizzazione della filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra la bevanda artigianale e le materie prime, tra i piccoli produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari. Il Consorzio si pone l’obiettivo di raccontare e promuovere, in Italia ed all’estero, la qualità delle materie prime e delle birre artigianali italiane, vero elemento di distinzione e di legame con il territorio italiano favorendo la coltivazione di orzo, dal quale si ricava il malto, e del luppolo, principali materie di base per la preparazione della popolare bevanda.
La nuova organizzazione che racchiude i migliori birrifici italiani, tra cui anche il birrificio siciliano Bruno Ribadi di Cinisi, sostiene le imprese nel reperimento di materia prima italiana, da filiera tracciata e garantita con gli associati che si impegnano a utilizzare nelle loro produzioni almeno il 51% di materia prima italiana creando una filiera dal campo al boccale con una collaborazione sempre più stretta con i coltivatori italiani di orzo e luppolo. Il successo delle birre nazionali ha già favorito anche la produzione del malto italiano salita fino a 80 milioni di chili nel 2018.
“La produzione di orzo italiano per la filiera della birra – spiega il Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana – rappresenta un’opportunità per l’agricoltura con il recupero anche di aree dismesse in fasce marginali, con una riqualificazione produttiva ed economica di quelle aree. Per produrre il malto si fanno germinare i chicchi di orzo mettendoli a bagno in acqua per poi essiccarli in appositi forni, mentre il luppolo è una pianta rampicante alta fino a sei metri dalla quale si raccoglie il fiore che apporta alla birra il tipico gusto amarognolo, ha proprietà antiossidanti che migliorano la conservabilità e favorisce la persistenza della schiuma”.
Il disciplinare del Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si basa sulla definizione di “Birra Artigianale” stabilita da una norma apposita. La legge indica in tre fattori cardine i criteri da rispettare da parte del birrificio: indipendenza del birrificio, limite di produzione stabilita in un massimo di 200.000 ettolitri all’anno e integrità del prodotto che non deve essere sottoposto a processi di pastorizzazione o di microfiltrazione.
Sul fronte dei consumi il Consorzio vuole spingere verso una maggiore trasparenza dei menù nei ristoranti, pizzerie, bar o pub, dove troppo spesso sotto la denominazione di birre artigianali vengono offerti marchi che sfruttano nomi o indicazioni geografiche che fanno pensare a bevande artigianali Made in Italy ma che in realtà, come ha sottolineato il Consorzio, sono prodotte da colossi del settore a livello mondiale. Il disciplinare del Consorzio prevede che alla denominazione di “Birra Artigianale” venga integrata l’indicazione “da filiera agricola Italiana”, laddove l’utilizzo di materia prima secca provenga in prevalenza dalla filiera agricola italiana, che la sede produttiva e legale dello stabilimento in cui viene prodotta e confezionata la birra sia situata sul territorio nazionale.
“Gli accordi di filiera – sottolinea il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – sono strumenti fondamentali per difendere la produzione, garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore, rafforzare l’identità del sistema Paese e conquistare nuove quote di mercato in Italia e all’estero con prodotti di alta qualità che hanno spinto la crescita del Made in Italy nel mondo”.
“Il movimento della birra artigianale italiana, nato attorno al 1996 – dichiara Teo Musso, presidente del Consorzio Birra Italiana – ha prodotto, negli anni, un incredibile fermento che ha interessato più generazioni di imprenditori favorendone una crescita rilevante e concreta che ha coinvolto un importante indotto di aziende e forza lavoro. Stiamo vivendo oggi un momento molto delicato del suo sviluppo e consolidamento e mai più di oggi è necessario fare chiarezza sul concetto di birra artigianale e di birra artigianale da filiera agricola italiana. Rafforzare il concetto di italianità preferendo nella maggioranza degli ingredienti le materie prime nazionali, ritengo sia la via concreta per sostenere la differenziazione del prodotto e per consolidare la tradizione di una bevanda che deve essere considerata, prima di tutto, un frutto della terra. L’Italia è riconosciuta come un’eccellenza nella produzione agricola e i suoi prodotti, frutto di trasformazione, un’unicità dal grande valore. Perché la birra, prodotto agricolo, non deve essere valorizzato allo stesso modo dei grandi prodotti agricoli italiani? Il Consorzio Birra Italiana, nasce con lo scopo di favorire questo passaggio”.
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