Erano le 11.37 del 21 aprile del 2017 quando un terribile incidente macchiava di sangue la Targa Florio, la prestigiosa e più antica corsa automobilistica del mondo.
Tre indagati per la morte del pilota messinese Mauro Amendolia e del commissario di gara Giuseppe Laganà.
Lo scrive il Giornale di Sicilia di oggi.
La Procura di Termini Imerese, ha infatti notificato gli avvisi di conclusione indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio, con l’accusa di omicidio stradale, per il presidente dell’Aci, nonché organizzatore della gara, Angelo Pizzuto, per il direttore della manifestazione sportiva, Marco Cascino, e per il delegato all’allestimento del percorso, Antonio Pochini.
Anche le carenze organizzative sarebbero state alla base dei motivi che hanno determinato lo schianto della Bmw Mini John Cooper Works guidata da Amendolia che ha travolto Laganà.
Complesse le indagini condotte le quali hanno accertato che Amendolia non avrebbe allacciato le cinture di sicurezza, al contrario della figlia Gemma, che gareggiava con lui e che sopravvisse allo schianto.
La colpa dei tre indagati, per l’accusa, sarebbe quella di non aver verificato che tutti i piloti indossassero le cinture di sicurezza. Da qui l’accusa di omicidio stradale.
Per la morte del commissario di gara Laganà, invece, la responsabilità sarebbe esclusivamente di Amendolia che lo investì perdendo il controllo dell’auto ma che ovviamente non potrà rispondere del reato.
Mauro Amendolia e la figlia erano iscritti col numero 29 alla Targa Florio, nelle prove valide per il Campionato italiano rally. Correvano per la scuderia Messina Racing Team, fondata dallo stesso pilota.
Trentotto minuti dopo l’inizio della prova speciale, i commissari di gara si erano accorti, dal sistema di rilevamento, che la vettura era ferma. Non era però pervenuta alcuna richiesta di soccorso o assistenza.
La macchina con a bordo Amendolia e la figlia era stata ritrovata fuori strada al chilometro 9.350 in località Piano Torre ad Isnello, in un tratto di rettilineo che segue una curva a sinistra. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato presente del nevischio sull’asfalto e questo avrebbe reso dunque più pericoloso un pezzo del tragitto.
Era stata subito aperta una inchiesta a carica di ignoti. Inizialmente era stata fatta anche l’ipotesi che Amendolia avesse perso il controllo del mezzo a causa di un malore, ma l’autopsia sul corpo del pilota aveva scartato l’ipotesi.
La telecamera presente a bordo dell’auto poi, aveva documentato quanto accaduto rilevando le disperate manovre di Amendolia per evitare lo schianto. Il pilota insomma, al momento dell’incidente, era lucido e aveva fatto di tutto per non finire fuori strada. Le verifiche hanno riguardato anche gli aspetti organizzativi della gara: non tutto avrebbe funzionato come doveva essere e da qui l’individuazione della responsabilità per la morte di Amendolia.
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