“Ho chiesto scusa a mia madre per averla portata al pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia. Io mi sono sentita in colpa perché penso che noi siamo responsabili anche delle scelte che facciamo, quindi io ho scelto questo ospedale, anche se in verità l’ospedale è più vicino, quindi io per me un ospedale vale l’altro perché dovrebbe, penso, essere così. Ma adesso in poi io lo sconsiglio, non porterò più nessuno in questo ospedale”. Romina Gelardi la figlia di Maria Ruggia, 76 anni, morta dopo essere stata 8 giorni in una barella al pronto soccorso dell’Ingrassia parla proprio davanti all’area di emergenza dove è morta la madre.
“Mia madre si poteva salvare. Farò di tutto per scoprirlo perché spero che la giustizia faccia il suo percorso. Secondo me mia madre si è contratta un’infezione proprio al pronto soccorso, che mia madre è stato un peggioramento, anzi prima c’era stato un miglioramento e poi subito un peggioramento, aveva anche difficoltà pure respiratorie. Mia madre non è entrata per questo motivo – aggiunge la donna – I medici mi dicevano che aspettavano di portarla in reparto perché soltanto in reparto potevano fare le terapie dovute, perché qui, essendo un pronto soccorso, erano molto limitati nel nell’intervenire. Quindi non hanno potuto fare nulla, non hanno potuto curare l’insufficienza renale perché solo da lì avrebbero potuto fare una tac come metodo di contrasto per andare a vicinare anche tutto quello che c’era all’interno naturalmente. E questo non è potuto accadere perché mia madre al decimo giorno è salita al reparto. Secondo me se arrivava prima in reparto si poteva salvare e iniziare la terapia, invece mia madre dopo poche ore è morta”.
“Io sono stata chiamata alle 10 del mattino del 19, dicendomi se io fossi al corrente del modo in cui è arrivata mia madre in reparto, che mia madre era in fin di vita. Io pensavo di aver capito male sinceramente perché non mi aspettavo una cosa del genere e mi hanno proprio specificato che mia madre stava perdendo la vita perché si era contratta un’infezione. Allora a questo punto da quel momento è stato un calvario, io l’ho vista alle 12, mia madre non riusciva neanche a parlare, non riusciva neanche a portarsi il bicchiere dell’acqua in bocca e da lì ho capito che c’era qualcosa che non andava. Tutto il giorno ho provato a chiamare al numero che mi avevano detto di chiamare qualora ci fosse un dubbio, qualora io volessi delle informazioni e non mi hanno mai risposto.
Alle 20 della sera mio marito viene qui, si viene a informare in reparto, si viene a informare per quanto riguarda le condizioni di mia madre, dicono che mia madre ha la pressione bassissima, stanno chiamando il cardiologo, quindi mia madre peggiorava – continua la figlia – Mia madre è venuta al pronto soccorso con l’ambulanza perché aveva inappetenza e aveva sensazioni di vomito.
Ho aspettato tre giorni per vedere se fosse una semplice influenza, ma lei continuava a non mangiare e non potendo somministrare la cura dovuta perché lei aveva tante altre patologie, come la cardiopatia, era diabetica, era portatrice di pacemaker, quindi avevo proprio necessità di somministrare le medicine. Era pure, appunto, come ho detto diabetica, quindi faceva insulina, non mangiando diventava proprio un problema. È arrivata al pronto soccorso, l’hanno messa in codice verde, dicendo che comunque dovevo aspettare il turno dovuto. Sono stata con lei, è stata per tutta la notte in barella dell’ambulanza, dopo è stata portata in un’altra barella perché non c’erano barelle, dopo è stata messa in un’altra barella, dove è stata qui per otto giorni”.
Gli agenti di polizia hanno sequestrato le cartelle e la procura disporrà l’autopsia per accertare le cause del decesso. La famiglia della donna morta è assistita dall’avvocato Andrea Dell’Aira.
“Ora all’ospedale Ingrassia di Palermo partirà la caccia all’uomo, la ricerca del medico, dell’infermiere responsabile della morte di Maria Ruggia”. Lo scrive sui social Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, commentando la vicenda della paziente di 76 anni morta dopo essere rimasta per 8 giorni in barella al pronto soccorso dell’ospedale. “Ho già letto – prosegue – che il direttore dell’azienda sanitaria, Daniela Faraoni, ha insediato una commissione per indagare. Si cerca qualcuno su cui scaricare la responsabilità per continuare a coprire un sistema che è andato letteralmente in tilt. Nemmeno Mandrake potrebbe dirigere un pronto soccorso-tipo degli ospedali siciliani. Non c’è personale, i reparti che dovrebbero ospitare i pazienti sono stracolmi e i pronto soccorso, che dovrebbero visitare i pazienti solo per un breve arco temporale, diventano luoghi in cui si sosta anche per dieci giorni. Impossibile mantenere gli standard igienici, impossibile avere attenta cura dei pazienti che sbarcano a decine. È saltato il territorio, il pronto soccorso è rimasto l’unico approdo, quindi condannato al caos. Non c’è alcuna sinergia con le altre strutture sanitarie. Le cliniche private, appena esaurito il budget mensile, non ospitano più i pazienti e scatta una macabra selezione sulla pelle dei malati”. Faraone annuncia che passerà il Natale in giro per i pronto soccorso incontrando “i medici, gli infermieri, le guardie giurate che rischiano perennemente mazzate. Sarà un modo per ringraziarli per il loro lavoro”. “Da mesi chiedo inascoltato al Ministro della Salute, Orazio Schillaci – sottolinea il parlamentare di Iv- di mandare ispettori in Sicilia. È a Palazzo d’Orleans, nell’assessorato alla Sanità di piazza Ottavio Ziino e non nelle corsie che vanno trovati i responsabili di questo caos. Invece tutto resta immobile. E chi dovrebbe andare a casa, lasciare la poltrona che dirige, va invece a caccia del capro espiatorio tra il personale sanitario. Una vergogna”, conclude.
“La morte della donna nell’ospedale Ingrassia di Palermo, dove era stata tenuta per otto giorni su una barella del pronto soccorso, è l’ennesimo caso che lascia sgomenti. Nonostante le nostre reiterate denunce, negli ospedali siciliani si verificano con troppa frequenza ritardi e inefficienze gravissime, che determinano danni anche letali ai cittadini”. Lo scrive in una nota Ida Carmina, deputata siciliana del Movimento 5 stelle. “Mi chiedo – aggiunge l’esponente del M5s – come una donna anziana e con diverse patologie gravi, oncologica e con pacemaker, possa essere abbandonata su una barella in un corridoio del pronto soccorso per 8 giorni. È inaudito e inaccettabile, ma è anche segno del degrado in cui versa la sanità siciliana, in cui gli ospedali non garantiscono il diritto a cure tempestive né livelli minimi di assistenza. Esprimo le mie più sentite condoglianze alla figlia e ai familiari e umanamente comprendo la denuncia e la richiesta di verità. Sono convinta però – osserva Carmina – che al di là dell’inchiesta e degli sviluppi a livello giudiziario, il problema sia eminentemente politico e riguardi precise scelte e responsabilità del governo Meloni e dell’amministrazione Schifani, che stanno demolendo il Servizio sanitario nazionale e la sanità siciliana. In questa finanziaria, avevamo chiesto un aumento di risorse nella sanità pubblica di oltre 5 miliardi, ma il governo ha preferito stanziare 7 miliardi in più in armamenti. Invece di concentrarsi sull’autonomia differenziata, o su come aumentare gli stipendi di ministri e sottosegretari – conclude la parlamentare del M5s – pensino a garantire il diritto alla salute dei cittadini e mettano in campo azioni decise per evitare il crollo dell’assistenza e dell’intero servizio sanitario regionale, che oggi si trova al collasso”.