L’artista catanese Giuseppe Patanè quest’anno torna, dopo il 2017, alla Biennale di Venezia ed è stata grande la partecipazione al seminario “Finissage mostra di Giuseppe Patanè” che si è tenuto al palazzo Ajutamicristo di Palermo, su iniziativa dell’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Sguardi penetranti, introspezioni cosmiche e un realismo minimale che si sublima diventando denuncia sociale. E’ stato questo il fil rouge del seminario sull’arte contemporanea tra Tauromachia e Mitologia dal titolo “Finissage mostra di Giuseppe Patanè”, un’iniziativa direttamente promossa dall’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, che si è svolto all’interno della sala conferenze del Palazzo AjutamiCristo a Palermo.
A sedere nel tavolo dei relatori, la soprintendente ai Beni Culturali, Lina Bellanca, l’artista Giuseppe Patanè, gli storici dell’arte Carmen Bellalba e Maria Antonietta Spadaro, il giornalista Antonio Schembri, esperto in viaggi e turismo e l’architetto Giuseppe Dragotta in qualità di supporto al Rup, responsabile unico del procedimento.
Un momento di riflessione e confronto sul dualismo eterno tra l’uomo e l’animale che ha trovato espressione massima nella “Tauromachia” dell’artista catanese, grande protagonista di Palermo Capitale della Cultura 2018, con ben 46 tele, acclamate nel 2017 alla biennale di Venezia, dove ritornerà quest’anno con altre opere, tra cui Logos e Verbum, già esposte al Salone del Mobile di Milano.
“E’ stato un incontro davvero interessante – ha dichiarato la soprintendente ai Beni Culturali Lina Bellanca – sia per le qualità di Giuseppe Patanè e dei suoi tori, sia per il messaggio di denuncia sociale contenuto in queste opere che hanno riscosso un grande successo di pubblico”.
Un’analisi arguta e intima, quella tracciata dai relatori durante l’incontro che ha permesso anche di creare delle analogie tra le tele di Giuseppe Patanè e quelle della post avanguardia, con tre importanti riferimenti, grazie allo storico dell’arte Carmen Bellalba. Si tratta di Andrè Masson, Francis Bacon ed Emilio Vedova, vissuti a cavallo delle due guerre mondiali, nei cui lavori esplodono urla di denuncia sociale.
E proprio le tematiche sociali sono state alla base delle opere del visual artist catanese, che sta lavorando ad un nuovo progetto che vuole lanciare una sfida al cambiamento di un mondo dove tutto è effimero e superficiale, e dove ognuno è vittima e carnefice. E a tutto questo bisogna dire “Basta”, un lavoro imponente che partirà entro il 2019 .
“ E’ stato un vero onore aver partecipato a Palermo Capitale della Cultura 2018. – ha commentato Giuseppe Patanè – L’arte è nata con me e quando dipingo non trascuro alcun particolare. Oggi vivo una fase intensa di idee tra realismo e pulizia pura che mi permette di esprimere il mio pensiero attraverso tratti, gesti e forme più minimali. Poter parlare dei miei tori è sempre una grande emozione che oggi voglio dedicare con grande affetto al caro assessore Tusa, uomo di grande cultura e umanità”.
A volere fortemente questo seminario d’arte, il compianto assessore regionale ai Beni Culturali Sebastiano Tusa, scomparso lo scorso marzo nell’incidente aereo in Etiopia, rimasto profondamente affascinato dal realismo penetrante della tauromachia e dal suo senso di sublimazione. Il seminario, rientra tra le iniziative culturali direttamente promossa dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana tramite la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo.
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