Il legame a doppio filo con la Sicilia lo teneva ben saldo Giuseppe Guttadauro, soprattutto sul fronte del business degli stupefacenti. Il ‘dottore‘, chiamato così in quanto ex medico dell’ospedale Civico di Palermo, aveva allacciato un forte legame con il presunto narcotrafficante bagherese Salvatore Drago Ferrante. Era lui che rinsaldava i rapporti con il boss palermitano che dopo la scarcerazione nel 2012 decise di trasferirsi a Roma. Ma la Sicilia restava sempre nel suo “cuore”. E’ il particolare che emerge nell’ambito dell’operazione scattata all’alba di ieri da parte dei Ros che ha portato all’arresto non solo di Guttadauro senior, finito ai domiciliari, ma anche del figlio Carlo che invece è finito dietro le sbarre.
Il “dottore” aveva architettato ogni possibile strategia alleandosi con i pezzi da 90 nell’ambito del traffico di droga. Sulla base di quanto appurato nel corso dell’indagine, Guttadauro senior aveva creato una rete che lo collegava non solo a Drago Ferrante ma anche ad un albanese. Non pago, si era anche aperto la strada per un canale di approvvigionamento con il Sud America. Il “meglio” a cui poteva ambire per far crescere il suo “fatturato”.
Singolare sicuramente un particolare che emerge sempre dall’inchiesta. Proprio per questa sua propensione a guardare all’estero, Giuseppe Guttadauro avrebbe allacciato rapporti con un assistente di volo. Nell’ordinanza che ha portato al suo arresto viene ricostruita una vicenda in cui questo personaggio era stato incaricato di trasportare 300 mila euro di stupefacente che dall’Olanda doveva transitare in Brasile. Il boss non lasciato nulla al caso e dimostrava soprattutto si saper penetrare ovunque.
Le intercettazioni hanno inoltre rivelato le aspre critiche mosse dal “dottore” alle nuove generazioni di mafiosi, innescate dalla notizia della collaborazione con la giustizia di Francesco Colletti e la preoccupazione per le dichiarazioni di Filippo Bisconti, nonché l’esigenza, rappresentata apertamente al figlio, di “evolversi” pur rimanendo ancorati ai principi di Cosa nostra.
Sono state, infine, ricostruite dagli investigatori le motivazioni di un pestaggio, che altri due indagati, su ordine di Mario Carlo Guttadauro, avrebbero portato a termine il 25 ottobre 2016 nei confronti di un giovane palermitano, reo di aver accusato il giovane Guttadauro di condotte disdicevoli.
Di duro colpa alla “famiglia” mafiosa di Bagheria e al traffico di droga parla il Comune di Bagheria in una nota ufficiale. “L’amministrazione comunale – si legge – si congratula con i carabinieri per la brillante operazione che ha assicurato alla giustizia il boss mafioso e suo figlio. Siamo accanto alle forze dell’ordine ed in particolare impegnati anche come amministrazione pubblica a combattere la presenza della droga tra i nostri giovani. Siamo pronti a costituirci parte civile nel processo”.