- Giulio Caporrimo intercettato nella sua casa di Firenze mentre parlava da solo
- Nei suoi soliloqui discuteva su cosa nostra, sui suoi uomini e sulla Commissione provinciale
- Aveva anche un amico immaginario con cui discuteva ma a sentirlo c’erano gli investigatori
Si trovava a Firenze, in “auto esilio”, tra il 2019 e il 2020, in contrasto con le decisioni di Cosa nostra che lo aveva messo da parte per fare spazio a Francesco Palumeri. Ma Giulio Caporrimo aveva un vizio, quello di parlare da solo nei suoi momenti di nervosismo e lo stesso si è tradito con le proprie mani visto che quelle parole venivano intercettate dalle cimici piazzate dagli investigatori.
Il boss che sussurrava da solo
Caporrimo è un esponente di spicco della mafia palermitana la cui prima condanna per associazione mafiosa riguarda fatti risalenti al 2000. Dall’ordinanza che decide la misura cautelare per lui e altri presunti affiliati viene svelata l’abitudine insolita del capo mandamento di Tommaso Natale. Come si legge sul Giornale di Sicilia, Caporrimo parlava da solo e raccontava, senza sapere di essere intercettato, dettagli e retroscena delle vicende che ruotavano attorno al clan del capoluogo siciliano. Ma non solo, dalle intercettazioni viene fuori anche la sua idea di Cosa nostra, quella “vera”, sostituita oggi dalla “Cosa come ci viene”, composta da “miserabili” e “fanghi”.
Aveva anche un amico immaginario con cui discuteva
Ma non si limitava a parlare solo. Il boss infatti talvolta parlava anche con fantomatici interlocutori immaginari. Uno di questi si chiamava Michele. Discuteva sulle sorti della mafia e sulla Cupola. “Ma questa Commissione come l’hanno fatta? La fanno tre mandamenti? Quanti erano due, tre? Non si capisce e come fanno a decidere? Ma che sono pazzi? E innanzitutto il rappresentante della famiglia chi lo ha deciso? Questa era Cosa nostra, se ci devono ridurre come gli stiddari…, ma loro ci sono ridotti ormai e s’immischiò Stidda e Cosa nostra! Quattro assassini di merda che poi si sono pentiti, hanno fatto e disfatto, a Palermo si spaventano, quattro miserabili sono, ma chi se la fida a fare, già oggi giorno quando ci parli di fare un lavoro scappano, non li vedi più!”.
Il contrasto con Mineo
Caporrimo però si lamentava anche del comportamento dei suoi uomini che avrebbero assecondato la scalata di Francesco Palumeri, reggente con il quale era entrato in contrasto. Poi anche i colloqui con la consorte sul boss Settimo Mineo con il quale i rapporti sarebbero stati tutt’altro che sereni.
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