Cerimonia oggi per commemorare il 40° anniversario dell’attentato in cui perse la vita il giudice capo dell’Ufficio istruzione, Rocco Chinnici. Con lui morirono i due uomini della sua scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile nel quale il giudice viveva. Rimasero ferite alcune persone, tra le quali l’autista dell’auto blindata del magistrato,  Giovanni Paparcuri. Ancora oggi le procedure antimafia del giudice Chinnici vengono considerate un “modello”.

La messa e il seminario

A seguire nella chiesa di San Michele Arcangelo si è tenuta una messa in memoria delle vittime della strage. Ieri sempre a Palermo nell’aula magna della Corte di Appello si è tenuto il seminario “Memoria è continuità: il lavoro di Rocco Chinnici, dall’ufficio istruzione di Palermo alla legislazione antimafia italiana ed europea”. Presente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Chi era Chinnici

Nato a Misilmeri il 19 gennaio del 1925, Chinnici entra in magistratura nel 1952. Dopo un lungo periodo di permanenza a Partanna come pretore, nell’aprile del 1966 si trasferisce a Palermo, giudice dell’ottava sezione dell’ufficio Istruzione del tribunale. Dai primi anni Settanta inizia ad occuparsi di delicati processi di mafia. Nel 1975 diviene consigliere istruttore aggiunto. Quattro anni dopo, nel 1979, è nominato consigliere istruttore, proprio negli anni in cui la mafia sferrava un terribile attacco allo Stato. Chinnici ha allora una intuizione che fa di lui un magistrato particolarmente moderno. Progetta e crea, nel suo ufficio, un gruppo di lavoro, una scelta per allora rivoluzionaria e non ancora supportata da un apposito sostegno legislativo, dando forma a quello che sarà poi definito il “pool antimafia”. Accanto a sé, Chinnici chiama due giovani magistrati: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Schifani: “Giudice lungimirante”

“Il giudice Chinnici ha ideato con lungimiranza un sistema di investigazione moderno ed efficace  – ha detto il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani -. Consentendo allo Stato di poter avviare un processo di conoscenza, seria e approfondita, del fenomeno mafioso, quando ancora non esistevano i collaboratori di giustizia. Ha scritto una pagina indelebile nella storia del contrasto a Cosa nostra, che ha rappresentato il primo fondamentale tassello per un cambio di rotta nell’opera di repressione della criminalità organizzata. Il ‘pool’ da lui creato è stato un modello che ha fatto scuola e che ancora oggi rimane un esempio virtuoso all’interno degli uffici giudiziari”.

“Quello di via Pipitone Federico – continua Schifani – non fu solo un attentato contro un magistrato in prima linea, ma un vero atto di guerra della mafia contro lo Stato per le modalità plateali e stragiste con cui fu realizzato. Conservarne il ricordo e soprattutto tramandarlo alle giovani generazioni è certamente un dovere, per riconoscenza a Chinnici e per la società civile”.

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