Giovanni Falcone fu osteggiato e delegittimato dalla magistratura. La sorella del magistrato ucciso dalla mafia nella strage di Capaci nel 1992, Maria Falcone, torna a parlare della tragica fine del fratello e lo fa, come suo stile, senza peli sulla lingua. Se da un parte evidenzia che la magistratura e la società civile negli ultimi 30 anni sono cambiati molto, dall’altra però ricorda il sistema della magistratura di quel tempo, ritenuta “ostile” e “invidiosa”.
“Molto è cambiato”
“Molto è cambiato – ha detto Maria Falcone – nei 30 anni trascorsi dalla strage di Capaci e dalla morte mio fratello Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta. Molto è cambiato nella società ma anche nella magistratura italiana. Ne è testimonianza l’evento organizzato dalla Procura generale della Cassazione per commemorare le vittime degli eccidi di Capaci e Via D’Amelio che vede riuniti, oggi, i procuratori generali dei Paesi del Consiglio d’Europa. Una iniziativa che concorre a rimarginare la ferita inferta a mio fratello da molti esponenti della magistratura che furono protagonisti, durante tutta la sua carriera, di attacchi violenti e delegittimanti che concorsero al suo isolamento”.
Conferenza internazionale dei procuratori
Parole che Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni Falcone, ha pronunciato a proposito della Conferenza internazionale dei Procuratori generali, in corso a Palermo, a cui parteciperanno, oltre al capo dello Stato Sergio Mattarella, più di 46 delegazioni dei Paesi del Consiglio d’Europa, dei Paesi osservatori del Consiglio d’Europa (Usa, Santa Sede, Canada) e dei Paesi del Mediterraneo (Algeria, Libia, Marocco e Tunisia).
“L’attuale clima mi restituisce un po’ di pace”
“Assistere, se pure a distanza di tempo, – aggiunge la Falcone – a questa testimonianza e al riconoscimento della straordinaria rilevanza del lavoro di Giovanni da parte di una magistratura per troppo tempo ostile, mi restituisce un po’ di pace e mi fa sperare che il passato sia ormai alle spalle. Finalmente viene riconosciuta la portata delle intuizioni e dell’attività investigativa e culturale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per anni percepiti come un problema invece che come risorse e osteggiati dalla miopia e, in qualche caso, dall’invidia di colleghi che non seppero o non vollero vedere comprendere la loro visione e la loro lungimiranza”.
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