La Finanziaria in Sicilia è in stallo, e così anche gli aiuti. Una situazione non chiara, che non lascia tranquilla la maggioranza e il Governo del presidente Renato Schifani.
Come scrive Il Giornale di Sicilia, dopo il faccia a faccia di giovedì scorso fra il Governatore e il ministro Giancarlo Giorgetti, ieri i tecnici del ministero dell’Economia e di Palazzo d’Orleans avrebbero dovuto iniziare a stendere un piano, una tabella di marcia, per quantificare e calendarizzare l’aiuto che lo Stato può dare alla Regione.
La richiesta di Schifani
Giorgetti aveva dato disponibilità a valutare la richiesta di Schifani: 500 milioni subito per recuperare una parte della mancata erogazione di accise che dovevano compensare negli ultimi anni il trasferimento a carico della Regione di una quota cospicua dei costi della sanità pubblica che dovrebbe garantire lo Stato. Ieri Giorgetti non c’era al nuovo incontro, svoltosi in modalità on line.
C’era il sottosegretario Federico Freni, leghista anche lui, che ha comunicato che Roma non è pronta a dare alla Regione risposte immediate. Non è un no secco, ministero e Regione torneranno a incontrarsi ma adesso i tempi rischiano di allungarsi perché si incastrano con quelli della manovra nazionale. Dunque la Regione potrebbe dover attendere gennaio per sapere su che tipo di aiuto potrà contare, ma intanto il nervosismo serpeggia.
I 500 milioni
La trattativa ha preso una piega precisa: la Regione ha chiesto almeno l’una tantum di mezzo miliardo in attesa che con lo Stato si stabilisca come mettere a regime il riequilibrio dei costi della sanità. Secondo Palazzo d’Orleans dall’attuale quota pari al 49 per cento del totale del budget si dovrebbe scendere progressivamente per avvicinarsi al 42,5%. Il sottosegretario ha risposto che di questo e della parte che riguarda gli arretrati vantati dalla Regione a partire dal 2007 si discuterà a gennaio.
Entro fine anno invece Giorgetti dirà se e quanto dei 500 milioni chiesti subito da Schifani per immettere liquidità nel bilancio regionale potranno essere erogati prima di chiudere le intese generali. Da questo dipende la chiusura dei conti di quest’anno e l’approvazione della manovra del 2023, che su buona parte di questo tesoretto dovrebbe poggiare.
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