A Gerusalemme il caffè è un rito: non deve mai bollire, ma nascere con i suoi, lunghissimi, tempi.
Café Jerusalem è il canto per una città sovraesposta, avvolta dal mito, dove gli esseri umani appaiono abbandonati a se stessi, invisibili al mondo. In un tipico caffè della Città Vecchia di Gerusalemme si svolge la storia d’amore, nascosta e silenziosa, tra la palestinese Nura (il suo nome significa “luce” in arabo) e l’ebreo Moshe. La storia di Gerusalemme irrompe con il ritmo del conflitto, sempre più attuale oggi, a 50 anni dalla Guerra dei Sei Giorni: nato da “Gerusalemme senza Dio”, testo della giornalista Paola Caridi, arriva – alla BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, domani sera (24 febbraio) alle 21 al Real Teatro santa Cecilia, a Palermo – “Cafè Jerusalem” con Carla Peirolero, Pino Petruzzelli e i Radiodervish che a Cafè Jerusalem hanno dedicato il loro ultimo album. Prodotto da Teatro Stabile di Genova /Suq – Chance Eventi. Musiche originali dei Radiodervish eseguite da Nabil Salameh (canto, buzuki e percussioni), Michele Lobaccaro (chitarra, basso) e Alessandro Pipino (tastiere, fisarmonica).
Il caffè di stampo ottomano non resiste all’urto della contrapposizione tra israeliani e palestinesi, come l’amore tra Nura e Moshe. Ci sono altri caffè, ora, meno affascinanti e forse più neutrali e globalizzati, altre generazioni. Forse migliori delle precedenti. “Il progetto teatrale – spiega Paola Caridi – nasce con i Radiodervish, che con me hanno vissuto e ascoltato la città, nei loro frequenti viaggi a Gerusalemme. Nura ricorda una storia sopita, prima di metterla in valigia e di lasciare la sua città. Ricorda le parole non dette, l’afasia che stringe gli abitanti in un cappio. Le parole sono quelle tra Nura e Moshe, ma anche tra il giovane palestinese Musa e la ragazza-soldato israeliana che gli chiede i documenti. In un passaggio di testimone tra le generazioni che tramanda la sofferenza, e rinvia a data da destinarsi la soluzione del conflitto”.
I Radiodervish raccontano Gerusalemme dedicandole il loro ultimo album; lo sguardo e i gesti di Carla Peirolero, ideatrice del Suq Festival, nella parte di Nura, e di Pino Petruzzelli, regista e interprete di Moshe e del giovane Musa; due artisti particolarmente attenti alle tematiche dell’intrecciarsi delle culture dei popoli.
E sempre nell’ambito di BAM | Biennale Arcipelago Mediterraneo, scorre anche la seconda giornata della retrospettiva dedicata al regista algerino Tariq Teguia organizzata da Sud Titles e Institut Français con il Goethe, al cinema De Seta dei Cantieri della Zisa. Stasera alle 20,30 la proiezione di “Roma Wa La N’Touma” (Rome Rather Than You), in versione originale con sottotitoli in italiano. Saranno presenti il regista Tariq Teguia e il critico Fulvio Baglivi. Ingresso libero.
Da più di dieci anni in Algeria è in corso una “guerra lenta”, senza campi di battaglia, ma che ha provocato la morte di più di 100.000 persone. I giovani Kamel e Zina vogliono lasciare il paese e girano per la periferia di Algeri alla ricerca del misterioso Bosco, un marinaio che organizza illegalmente i viaggi verso l’Europa. Il film è stato presentato nella sezione Orizzonti della 63a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
“Come fare un film in Algeria senza interessarsi alle montagne o alle oasi sahariane? Tentare un film sul presente e limitarsi ad esso, un film fuori dalla memoria di una gloria passata e rimpianta, un film senza costumi e senza paesaggi sublimi, a meno che non si veda il deserto nella città. Come filmare una guerra che aspira alla discrezione? Filmando ciò che è d’obbligo, non tanto quello che succede dietro il muro, quanto il muro stesso. Filmare dunque non un grande racconto, solo un paesaggio di avvenimenti”, spiega Tariq Teguia