Se per rapine alle banche la Sicilia continua ad essere ad “alto rischio”, non è così invece per i furti negli sportelli Atm. A snocciolare questi dati confortanti, almeno per una volta, è la Fabi, il sindacato della federazione autonoma bancari italiani.
Il “dato positivo”
“Si registra per la Sicilia un dato positivo – afferma Gabriele Urzì, segretario provinciale Fabi Palermo -. Se da una parte risulta essere al terzo posto per numero di rapine, è invece al 12° posto per quanto riguarda la pur triste ‘classifica’ dei furti”. Ad essersi verificati nel 2022 4 colpi e un indice di rischio (rapporto furti ogni 100 sportelli, ndr) pari a 0,3. La regione maggiormente colpita è l’Emilia Romagna seguita da Lombardia, Veneto e Lazio. Nessuna provincia siciliana figura nemmeno tra le prime dieci più colpite. In testa Roma seguita da Bologna, Verona, Milano e Foggia.
I dati dell’Ossif
Fabi commenta gli ultimi dati pubblicati nel rapporto “Intersettoriale sulla Criminalità Predatoria 2022” dell’Ossif, il centro di ricerca Abi sulla sicurezza anticrimine. “Passando agli attacchi agli Atm (gli sportelli bancari e postali, ndr) – continua Urzì – la Sicilia è al 19° posto con zero colpi e un indice di rischio pari a 0. Ed ovviamente anche qui nessuna provincia siciliana figura fra le prime dieci più colpite. Statisticamente gli attacchi agli Atm si sono registrati per il 41% nelle giornate di sabato e 14,1% nella fascia oraria che va dalle 2 alle 5 del mattino (82%)”. Nel 58% dei casi sono stati usati gas ed esplosivi, nel 26% si sono registrati attacchi con scasso e nel 16% attacchi con asportazione dell’intera apparecchiatura.
Investire di più in sicurezza
La Fabi però insiste sulla necessità chele banche investano di più sulla sicurezza, tanto all’interno degli istituti quanto negli sportelli. “Occorre che anche sul versante della prevenzione di furti e attacchi agli Atm i banchieri investano maggiormente – conclude Urzì -. Magari diminuendo le colossali retribuzioni del top management e destinando ai budget sulla sicurezza investimenti più importanti. Tenuto conto che di contro i bancari dagli anni ’90 in poi hanno rinunciato a quote significative di retribuzione. Si sono pagati da soli gli ammortizzatori sociali e le tante uscite di dipendenti dalle banche per prepensionamento”.
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