Palermo

Frena l’emorragia di imprese artigiane, ma lo sviluppo resta lontano (VIDEO)

Frena l’emorragia delle imprese siciliane. In cinque provincie su nove diminuisce il calo nell’artigianato. Il tasso di sviluppo è sempre con il segno negativo ma il dato è meno accentuato.

Questo è uno dei dati che emerge dagli studi dell’Osservatorio Artigianato e Mpi di Confartigianato Sicilia, presentati questa mattina nel corso del Focus Osservatorio di Confartigianato Sicilia, “Quale futuro per una terra piena di promesse?”, nella Sala Terrasi di via Emerico Amari a Palermo.

Piccoli miglioramenti nell’ultimo anno sono stati registrati a Caltanissetta (-0,%5 contro il -2,9% del 2015), Messina (-0,8% contro il -2%), Agrigento (-1% contro -1,5%), Catania (-1,2% contro -2,1%) e Siracusa (-2,1% contro -2,9%).
Nella nostra regione, nel 2016 siamo al -1,2% contro il -2,4% del 2013. Il risultato di questo miglioramento è legato a un dato: anche se ci sono meno iscritte nel registro delle imprese, il numero delle cessate va a diminuire.

Ci sono dei settori, in particolar modo, che si distinguono mostrando un tasso di sviluppo positivo, denominati “driver”. La “demografia di impresa” è positiva nella manutenzione e installazione di macchinari ed apparecchiature, ma anche nei settori che riguardano la green economy, ovvero servizi di edifici, paesaggi, e miglioramento della tenuta dell’ambiente in generale. Tra i settori driver, anche l’industria alimentare che registra un tasso positivo del +1,25% .

L’agroalimentare è il settore di punta della Sicilia, con il 32% di imprese artigiane, con un tasso di sviluppo dello +0,7%. Catania, Palermo e Messina sono le prime tre province per numero di imprese dell’artigianato agroalimentare: 2.273 a Catania, 2.097 a Palermo e 1.474 a Messina.

Secondo gli studi dell’Osservatorio di Confartigianato, buone sono le performance per quanto riguarda l’esportazione dei prodotti alimentari all’estero. In Sicilia si registra un +7%, a livello nazionale +3,6.
Ma non è solo il settore alimentare ad andare bene sul fronte esportazioni. In elenco ci sono anche le metallurgie, le bevande e i macchinari.

Durante la mattinata un capitolo è stato dedicato anche al mercato del lavoro, con un’occupazione stabile in Sicilia nel 2016.

L’isola è tra le regioni che mostrano maggiori difficoltà nel segmento giovanile (tra i 24 e i 35 anni) nel mercato del lavoro. Se confrontiamo i dati del 2016 con quelli del 2015, si evidenziano comunque dei miglioramenti. Il tasso di disoccupazione è del 31,4% (Sicilia seconda in classifica nazionale, dopo la Calabria con 38,8%) ma è in calo di 0,9 punti. La quota di giovani che non lavorano e non studiano, ovvero fuori dal circuito dell’istruzione e del mercato del lavoro, cala di 0,5 punti (41,6 contro il 42,1%).

Piccoli margini di miglioramento possono arrivare grazie all’autoimprenditorialità, un percorso che può essere intrapreso dai più giovani. In Sicilia sono oltre 9 mila le imprese guidate dagli under 35 e rappresentano il 12% dell’artigianato della regione.

Oltre alla loro presenza in settori tradizionali quali la ristorazione, l’alimentare e i servizi alla persona, si rileva una partecipazione significativa nella green economy, nel digitale, nella produzione di software e in attività professionali scientifiche e tecniche. Settori non tradizionali, ma dove è necessario avere delle competenze elevate, con formazione medio alta, dell’imprenditore stesso o del capitale umano impiegato.

Dai dati forniti questa mattina dall’Osservatorio di Confartigianato, è emerso che ci sono dei gap importanti da recuperare affinché la regione possa essere più competitiva: le imprese, da un lato, devono mettersi in gioco, ma è anche necessario un investimento serio da parte dalle istituzioni.

Le risorse messe a disposizione per la Sicilia, nei Patti per il sud, ammontano ad otto miliardi. Somma spalmata in diverse aree di intervento. Uno di questi è quello dello sviluppo economico e produttivo (a cui va il 13,5%), ma la maggior parte risorse è sbilanciata su due voci in particolare: infrastrutture ed ambiente.

“Noi vogliamo lanciare un messaggio a tutta la politica – ha detto il presidente di Confartigianato Sicilia, Filippo Ribisi – . Non importa chi sono oggi gli interlocutori istituzionali. Ciò che conta è sbloccare questi fondi, perché al di la di quale partito li utilizzerà, sono un’occasione di sviluppo per le nostre imprese. È il momento, primi che inizi la stagione elettorale, che la politica si svegli per capire quello che è stato programmato per la Sicilia. Sto parlando di Fondi europei, Patti per il sud, fondi stanziati per la Sicilia e per i quali non c’è nessun segnale all’orizzonte. Servono date certe e impegni precisi. Il nostro osservatorio dovrà adesso monitorare, mese per mese, la spesa dei fondi europei, dove resta bloccata e il perché”. Durante l’incontro è emersa anche la necessità di conoscere l’iter della riforma degli Urega.

All’incontro di questa mattina, al quale hanno preso parte oltre al numero uno di Confartigianato Sicilia, Filippo Ribisi, anche il presidente nazionale di Confartigianato Imprese, Giorgio Merletti, il segretario di Confartigianato Sicilia, Andrea Di Vincenzo e il presidente Confartigianato Lombardia, Eugenio Massetti (che ha portato l’esempio di una regione virtuosa), si è parlato pure dei divari tra Nord e Sud dove i margini di miglioramento sono diversi.
In particolare, la Sicilia ha il tasso di competitività più basso d’Italia (15,3%), un numero ben lontano da quello della Lombardia, prima in classifica con 53,5%. Il tasso di competitività è calcolato in base a un indice che considera vari fattori, tra cui il livello di innovazione, l’istruzione, il numero degli occupati, la stabilità macro economica della regione.

Le imprese per essere più competitive devono cogliere sfide come quella dell’innovazione del digitale, dove siamo a quota 33,5%. Una percentuale significativa di imprese che innovano, ma di 20 punti inferiore rispetto alla prima regione in classifica, il Veneto.

I dati questa mattina sono stati illustrati da Enrico Quintavalle, direttore scientifico dell’Osservatorio e Licia Redolfi, ricercatrice dell’Osservatorio. Al dibattito, guidato dal condirettore del Giornale di Sicilia, Giovanni Pepi, hanno partecipato, oltre ai numeri uno di Confartigianato Sicilia, nazionale e Lombardia, anche il presidente della Regione Rosario Crocetta, il presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando e Ludovica Agrò, dirigente dell’Agenzia per la Coesione territoriale, che ha assicurato che il Ministero vigilerà affinché vengano spesi i soldi dei fondi europei. Un momento tutto siciliano con il cantastorie Salvo Piparo, che ha intrattenuto i presenti con un monologo sulla crisi e il suo “Cuntu”.

“C’è un problema di base – ha detto Giorgio Merletti, presidente nazionale di Confartigianato Imprese – ed è la ripresa del mercato interno. Fintantoché non ci sarà una maggiore circolazione di moneta sarà un po’ difficile. Ma è altrettanto vero che le imprese devono fare il loro dovere. E io credo che lo stiano facendo. Ma fare impresa, in alcune regioni, può essere più difficile rispetto ad altre regioni. Se la classe politica avesse un decimo del coraggio che ci hanno messo i piccoli imprenditori in questi anni di crisi, questo paese si metterebbe con le ali a volare”.

“L’osservatorio artigianato media e piccola impresa – ha chiarito Andrea Di Vincenzo, segretario di Confartigianato Sicilia – ha rappresentato una ‘cassetta degli attrezzi’ indispensabile, uno strumento puntuale e sistematico per misurare, con parametri definiti, il cambiamento dello scenario economico e sociale, e offrire un monitoraggio costante dell’evoluzione di una serie di fenomeni che attengono alle imprese”.

Una strada vincente è stata indicata dal presidente di Confartigianato Lombardia, Eugenio Massetti: “Ogni regione ha le sue miniere. La Sicilia è la Lombardia del sud: ha il mare, ha il suo territorio. Dire che ha meno risorse, sarebbe un errore. Bisogna puntare sul territorio, senza che le bellezze locali vengano stravolte dalla modernità. Le imprese in Sicilia forse non sfruttano a fondo le risorse che hanno. L’e-commerce non è una parola moderna ma è strumento vero e proprio che permette ai piccoli artigiani che non hanno una grande struttura, di vendere i propri prodotti restando nella propria sede”.

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