Passa un emendamento del Pd sul quale il governo aveva dato parere negativo e la maggioranza esplode. E’ successo nella notte a Sala d’Ercole nella giornata che doveva dare una accelerazione al percorso della Finanziaria per giungere ad approvazione se non entro Natale almeno entro sabato 28 dicembre.
Il pomo della discordia, il maxi emendamento decimato
A Natale i deputati non sono più buoni, tutt’altro. Dopo una giornata di incontri bilaterali, un mini vertice di maggioranza parlamentare convocato dal presidente Galvagno e una riunione allargata anche all’opposizione, si era tornati in aula alla ricerca dell’accelerazione. Pomo della discordia restava il maxi emendamento che mano mano era stato asciugato fino a tagliare fuori quasi due terzi delle proposte. Tagli dolorosi per alcuni ma che ponevano le condizioni per andare avanti e cercare l’approvazione del documento economico finanziario in generale.
L’emendamento che fa esplodere tutto
All’inizio sembrava tutto procedere bene, anche se il ricorso al voto segreto è frequente e pone dubbi sull’esistenza di un patto di non belligeranze. La maggioranza, però, boccia i tutti i tentavi di mandare la finanziaria gambe all’aria fino all’emendamento Pd che sposta due milioni di euro. Il governo dice no anche se non è una norma fondamentale e qui avviene il fattaccio. Nell’urna ci sono, invece, 34 sì e l’emendamento passa.
I franchi tiratori
Dal conteggio dei presenti è facile capire che ci sono una decina di franchi tiratori,. Le opposizioni in aula sommano 25 voti (Se si conta anche sud chiama Nord e la collocazione dei deluchini non è proprio chiara in questi mesi).Almeno nove voti vengono dai banchi della maggioranza. Aula sospesa
Quattro ore di trattative
Seguono quattro ore di trattative notturne nelle segrete stanze. Deputati che vanno e vengono dalle stanze in fondo al corridoio del piano Parlamentare. Il piano nobile viene attraversato di continuo da persone che viaggiano dalle stanze della commissione Bilancio e del governo (stessa ala del palazzo e stanze che sorgono a fianco) a quelle della presidenza dell’Ars lato opposto del medesimo corridoio). ma man mano che passa il tempo i corridoio sono sempre meno popolati.
Il ritorno in aula
Al ritorno in aula il segnale chiaro di spaccatura. Fra i banchi del governo ci sono solo gli assessori meloniani anche se a presiedere non c’è Galvagno. In aula non c’è Forza Italia. Basta poco a capire che non si può continuare, i deputati sono già andati via, Molti già per strada verso casa stanno pensando al natale in famiglia. Se ne riparla venerdì 27 ed è difficile che due giorni bastino a risolvere tensioni e approvare tutto quel che c’è ancora da discutere.
Centrodestra in fuga
Parla di un centrodestra irresponsabile che fugge il capogruppo Pd Michele Catanzaro “È bastata l’approvazione di un emendamento del Pd all’articolo 11 della finanziaria per fare esplodere tutti i limiti e le contraddizioni di questo centrodestra irresponsabile, che invece di governare pensa solo a litigare. Mentre la maggioranza fuggiva, il gruppo del Partito Democratico con senso di responsabilità è sempre rimasto in aula, insieme con le altre forze di opposizione” dice Catanzaro, dopo che la presidenza dell’Ars intorno all’una di notte ha comunicato il rinvio dei lavori a venerdì 27 dicembre.
“Restiamo fermi sulla nostra posizione – ha aggiunto Catanzaro a margine dei lavori d’aula – se il governo intende presentare un maxiemendamento, si individuino poche norme di alto profilo per provare a dare risposte vere alle emergenze della Sicilia. Ci auguriamo che alla riapertura dei lavori, il 27 dicembre, prevalga il buonsenso”.
Governo e maggioranza non parlano fra loro
“Schifani ora spieghi ai siciliani che la manovra non è stata esitata non per le barricate delle opposizioni contro una manovra, pur indecente, ma per colpa di un governo che non riesce a parlare con la sua maggioranza dentro la quale le spaccature sono evidentissime. É prevalsa la ragione politica sugli interessi dei siciliani” sostiene il capogruppo del M5S all’Ars Antonio De Luca.
“Per la Sicilia – continua De Luca – è l’ennesima occasione sprecata. Hanno tenuto in ostaggio per ore il Parlamento e i dipendenti dell’Ars, rinviando a dopo Natale, sperando in un clima più disteso per evitare lo spettro della gestione provvisoria che, a questo punto, comunque non mi sento di escludere”.
Responsabili, non franchi tiratori
“Siamo in tre, e in tre siamo qui. I reduci di Sud Chiama Nord mantengono gli impegni presi e continuano a comportarsi con il senso di responsabilità che il nostro ruolo impone” dice Cateno de Luca.
“Stanotte abbiamo assistito a una situazione preoccupante: la maggioranza è in balia di quattro prezzolati. Mi dispiace dirlo, ma è la verità. Analizzando le votazioni, è evidente che sono mancati numeri importanti all’interno della stessa maggioranza, con una media di 10-12 franchi tiratori. Questo non è un segnale di crisi politica, ma di ricatto, di chi alza il prezzo nel momento in cui si accorge di avere potere contrattuale. Quando si assaggia il potere, c’è chi lo gestisce con statura e responsabilità e chi invece ne abusa. Il risultato è che le dinamiche in aula sono impazzite, causando un blocco che non è più gestibile”.
Bisognava andare avanti senza sospensioni
“Sospendere i lavori come è stato deciso, è una scelta che non abbiamo condiviso. Lo avevamo già detto nei giorni scorsi, ha affermato De Luca rivolgendosi alla. Presidenza dell’Assemblea, eravamo contrari a sospendere i lavori sabato e domenica, perché avevamo già colto i segnali di crepe all’interno della maggioranza. Ora il rischio è che alla ripresa dei lavori si ripresentino le stesse dinamiche di ricatto, creando ulteriori problemi. È necessario fare una seria disamina interna, perché questa situazione è sfuggita di mano. Come gruppo parlamentare, Sud Chiama Nord si era detto pronto stanotte a proseguire i lavori con responsabilità e trasparenza.
Ma non possiamo dare dignità a chi, con atteggiamenti prezzolati, sta minando il funzionamento del Parlamento siciliano”.
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