“Dall’incontro in prefettura a Palermo è emersa grande preoccupazione sulla gestione dei fondi del Pnrr, che è la sfida che ci attende: è stato varato un protocollo di legalità per assicurare la massima tracciabilità alle modalità di assegnazione di appalti e subappalti, in coordinamento con alcune amministrazioni dello Stato, ferrovie e autorità portuale. Ora va esteso a tutte le amministrazioni pubbliche, dai comuni alla regione, perché il Pnrr è il grande ‘lecca-lecca’ delle organizzazioni mafiose”. Lo ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione antimafia siciliana, intervenendo a margine dell’incontro della commissione con i vertici delle forze dell’ordine, il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, il questore, Leopoldo Laricchia, il procuratore generale presso la corte di Appello di Palermo, Lia Sava, il procuratore capo, Maurizio De Lucia, il comandante provinciale dei carabinieri, il capo centro della direzione investigativa antimafia di Palermo, il comandante provinciale della guardia di Finanza e gli 82 sindaci del Palermitano.
L’incontro segue quelli tenuti dalla Commissione a Castelvetrano (Tp) e Acate (Rg), per fare una mappatura della presenza della criminalità organizzata nelle province siciliane.
“Stato ha vinto alcune battaglie importanti ma non la guerra”
“Lo Stato ha vinto alcune battaglie importanti ma non ha ancora vinto la guerra – ha aggiunto Cracolici – per questo dobbiamo affinare anche i mezzi tecnologici per contrastare cosa nostra, sostenendo le intercettazioni, le leggi sui collaboratori e utilizzando il 41bis non come una pena afflittiva, ma come uno strumento strategico per impedire ai mafiosi di continuare a esercitare il loro dominio dalle carceri. Cosa nostra è indebolita, ha difficoltà a riorganizzare il suo sistema, ma è diffusa in tutti i mandamenti e specialmente in alcuni quartieri della città, con lo spaccio di stupefacenti, soprattutto crack, importato dai clan nigeriani. Per questo la lotta alla mafia non è una partita chiusa, va isolata e colpita sul piano reputazionale. Oggi i mafiosi non godono dell’impunità del passato, sono stati aggrediti i loro patrimoni, adesso tocca a noi isolarli sul piano sociale e individuare la rete degli insospettabili che per anni hanno garantito il loro condizionamento della vita pubblica”.
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