- In Italia i figli non riconosciuti alla nascita sono circa 400mila
- Tra loro anche i ‘nati a Baida’, un quartiere di Palermo, venuti al mondo nella Casa Madonna delle Grazie
- I loro appelli per rintracciare la madre biologica
Diventare madre è una esperienza che cambia la vita per sempre, è l’occasione per sperimentare una gioia mai provata prima. Il legame con un figlio poi è indissolubile, qualunque cosa accada.
Ma non per tutti purtroppo è così.
Ci sono figli alla ricerca delle proprie origini, della propria madre biologica, ma che non hanno alcuna possibilità di risalire a informazioni utili a rintracciarla.
E’ il caso dei ‘nati a Baida’, dove oggi vi portiamo raccontandovi le storie di alcuni di loro.
La Casa Madonna delle Grazie di Baida e i figli non riconosciuti alla nascita
Ci siamo recati con alcuni figli adottivi a Baida, un quartiere alla periferia di Palermo, e precisamente in via Francesco Baracca 162, in quella che una volta era la Casa Madonna delle Grazie, ospitata nell’ex Villa Biondo. Qui, sino agli anni Settanta, sono arrivate decine di giovani donne in gravidanza, spesso minorenni, provenienti da diverse parti della Sicilia.
A gestire la struttura erano i coniugi Maria Ghelfi ed Enzo Polloni, entrambi lombardi e terziari francescani, fondatori di questa casa di accoglienza per ragazze madri famosa anche per la lunga scalinata di oltre 100 gradini. I giornali dell’epoca parlano di questo posto.
E così sfogliandoli, scopriamo che Maria Ghelfi, ribattezzata da tutti “Mamma Apollonia”, raccontò ad un cronista di aver deciso, insieme al marito, di venire in soccorso delle madri sole e dell‘infanzia abbandonata dopo aver incontrato, per strada, una ragazza madre con il proprio bambino in braccio che gli chiedeva l’elemosina per dare qualcosa da mangiare al piccolo.
Nella casa di Baida numerose ragazze madri hanno partorito lontane da occhi indiscreti.
In quegli anni, infatti, concepire e partorire un figlio fuori dal matrimonio, equivaleva a dover affrontare uno scandalo. Un’onta che comprometteva per sempre la reputazione di una donna e della sua famiglia.
Sappiamo, dai racconti di alcuni figli adottivi, e dalle poche informazioni che sono riusciti a ‘carpire’ in famiglia, che talvolta le giovani partorienti accettavano, loro malgrado, la decisione della propria famiglia di origine, rinunciando al bimbo o alla bimba appena nati e dandoli in adozione.
I bambini venivano registrati all’anagrafe con un nome fittizio, dopo un anno di permanenza presso le famiglie affidatarie, le adozioni diventavano definitive a tutti gli effetti.
Non possiamo escludere che a Baida molte lacrime siano state versate da parte di chi non voleva separarsi dai propri figli. A confermarlo anche Valeria Leto, che è nata a Baida il 20 febbraio del 1970, un venerdì sera di pieno inverno.
La storia di Valeria Leto
Comune denominatore di molti figli adottivi è la reticenza da parte delle famiglie di adozione a raccontare particolari circa la loro nascita. I figli adottivi, pertanto, devono spesso fare i conti con mezze verità e frasi sussurrate, come ci racconta Valeria.
“Con i miei genitori, entrambi persone meravigliose e che mi hanno dato tutto l’amore possibile, non abbiamo mai parlato della mia adozione. Le poche informazioni che possiedo le ho avute da una zia e da mio marito. Quando io sono diventata mamma, a 26 anni, è scattato qualcosa dentro di me. Poi, il mio sospetto di essere stata adottata, una sorta di ‘sesto senso’, è diventato una conferma avuta proprio da lui. Tutti i mie parenti sapevano della mia adozione, tranne io. I miei genitori con me non ne avevano mai fatto parola. Ho deciso di cercare la mia mamma biologica, e le mie ricerche proseguono da molto tempo, ma sinora non sono riuscita a rintracciarla. Tuttavia non perdo la speranza”.
A Valeria, registrata all’anagrafe con il nome fittizio di Valeria Zenobio, dal nome del santo del giorno della sua nascita, una zia, presente quando i genitori adottivi andarono a prenderla a Baida, ha raccontato un episodio molto triste e penoso, riguardante il ‘passaggio’ dalle braccia della mamma biologica a quelle della mamma adottiva.
“Mia zia, che ormai è molto anziana, mi ha detto qualche tempo fa, che quando venni ‘consegnata’ alla mia madre adottiva, la ragazza che mi aveva partorito chiese in lacrime di vedermi ancora. Dall’ingresso della struttura si sentiva il suo pianto: mi riportarono nella camera dove ero nata affinché la mia mamma biologica potesse abbracciarmi per l’ultima volta. Poi venni affidata definitivamente, ad appena un giorno di distanza dalla mia nascita, ai miei genitori adottivi.
Inizio così la mia nuova vita”.
Da quel poco che le è stato raccontato, Valeria ha saputo che la sua mamma biologica, all’epoca del parto era molto giovane, era una studentessa di appena 15 o 16 anni, figlia di un professionista, un notaio o forse un avvocato.
“I suoi genitori la portarono in questo istituto – dice visibilmente commossa – per nascondere la gravidanza e poi obbligarla a darmi in adozione”.
Valeria si presenta al nostro incontro a Baida stringendo tra le mani una fotografia e una medaglietta.
Ci mostra la foto che la ritrae, ad appena 18 giorni di vita, in braccio al suo papà adottivo.
Una sorta di “regalo” che vuole fare alla sua mamma biologica, nella speranza che possa vedere il video che abbiamo realizzato ed ascoltare il suo appello per ritrovarla.
La medaglietta invece, raffigurante la Madonna con il bambin Gesù in braccio, le era stata consegnata dalla mamma adottiva, ormai deceduta, con la particolare raccomandazione di non separarsene mai. La madre le aveva detto che la medaglietta le era stata donata il giorno della sua nascita, ma non da chi.
“E’ possibile – afferma Valeria – che sia stata la mia mamma biologica a darmela, e che oggi, vedendola, possa riconoscerla”.
Le carte che non si trovano
Nonostante le loro pratiche di adozione siano regolari, i bambini nati a Baida, ufficialmente da madre “che non consente di essere nominata”, ormai adulti, si trovano oggi a sbattere contro un muro di gomma, perché i documenti tramite i quali potrebbero risalire proprio alla madre, e nello specifico, i certificati di assistenza al parto, non si trovano, o meglio, nessuno sa dove siano finiti.
I coniugi Polloni sono deceduti da anni, così come un medico e un’ostetrica che aiutavano le ragazze a partorire, quindi è impossibile chiedere a loro delucidazioni a tal proposito.
La Casa Madonna delle Grazie, donata alla morte dei Polloni, secondo le loro ultime volontà, alla chiesa palermitana, e che oggi ospita il Centro Giovanni Paolo II, è stata per molti anni una struttura fatiscente e abbandonata.
Nella Casa i certificati non sono stati trovati. Lo conferma ancora Valeria che ha fatto istanza al tribunale dei minori per conoscere il nome della madre. Il tribunale ha dovuto chiudere la pratica, in assenza del certificato di assistenza al parto. A Valeria è stato consegnato l’atto integrale di nascita, dal quale si evince che appunto è nata da una donna che vuole mantenere l’anonimato.
Da qui il motivo del suo appello per ritrovare la madre. “Non sappiamo dove cercare questa carte – aggiunge con amarezza – non avendo i certificati di assistenza al parto non abbiamo modo di risalire alle nostre mamme. Tante persone si trovano nella mia stessa situazione”.
L’appello di Valeria
“Vorrei incontrare mia madre – è l’appello di Valeria che si rivolge direttamente alla donna che l’ha messa al mondo – per poterci riabbracciare. Voglio che tu sappia che non ti ho mai giudicata, così come non ho mai provato odio o rancore nei confronti tuoi e della tua famiglia. Oggi io sono mamma, e immagino quello che hai provato quando eri in questo istituto sapendo che a breve i nostri destini si sarebbero separati per sempre.
Desidero trovarti, non voglio sconvolgere la tua vita, ho soltanto bisogno di conoscere le mie radici e quella parte di esistenza che mi è stata negata. Vorrei darti quella possibilità che 51 anni fa ti venne negata dai tuoi genitori, oggi tu potresti decidere. Se è vero che non volevi darmi in adozione, oggi, potremmo recuperare il tempo perduto, assicurandoti che tutto questo avverrà nel massimo della riservatezza”. E ancora: “Chiedo a tutti coloro che conoscono la storia della mia mamma biologica di aiutarmi nella mia ricerca. Spero, mamma, che questo appello possa arrivare al tuo cuore”.
“Un monumento storico”
Presente a Baida, in occasione della realizzazione del nostro servizio, anche Letizia La Rosa, nata il 26 settembre del 1973, e registrata all’anagrafe con il nome fittizio di Letizia Conti.
Della sua mamma biologica sa soltanto che era una donna straniera che lavorava come governante presso una famiglia di Palermo che l’ha portata a Baida dove ha poi partorito.
“Sto calpestando gli stessi posti che la mia mamma ha calpestato – dice con emozione – ed è come se fossi davanti a un monumento storico. Questo posto per me ha un carico notevole di importanza e potenza”.
L’appello di Francesca Maria
Il 6 febbraio del 1970 è nata a Baida anche Francesca Maria, registrata con il cognome fittizio Anastasi. Dal momento che non può incontrarci per motivi di salute, a fare l’appello per suo conto è la nipote Monica Pitasi.
“Sappiamo soltanto – dice Monica – che dopo la nascita di mia zia i suoi genitori adottivi sono venuti a prenderla qui a Baida. Noi non chiediamo nulla. Semplicemente che mia zia possa riabbracciare sua madre dopo 51 anni, è il suo sogno più grande ed io la sto aiutando affinché si realizzi”.
L’impegno del Comitato per il Diritto alle Origini
A fianco dei figli adottivi nati a Baida, che vogliono risalire alla verità sulle proprie origini, c’è da tempo una persona che li aiuta con forza e grande determinazione. E’ Sabrina Anastasi, referente per la Sicilia del Comitato nazionale per il Diritto alle Origini, costituitosi nel 2008 a Napoli.
La presidente è Anna Arecchia, la vice presidente Emilia Rosati.
“Nel caso specifico di Baida – spiega Sabrina che da oltre 13 anni si occupa di infanzia abbandonata – stiamo facendo questi appelli perché il tribunale dei minori ha già fatto le ricerche per molte persone che hanno presentato istanza e purtroppo non si trovano i documenti dai quali si evince il nome della mamma. Le cartelle di assistenza al parto, anche se i bambini nascevano qui, non si trovano, per cui non sappiamo come riuscire a risalire alle donne che hanno partorito a Baida. La nostra speranza è che si riconoscano nel luogo e negli appelli e possano rimuovere l’anonimato per incontrare i loro figli”.
Un disegno di legge molto importante
Forse anche le mamme che hanno partorito a Baida stanno cercando i propri figli ma non sanno come fare a trovarli. Inoltre, il diritto di sapere dei figli non riconosciuti alla nascita (che ricordiamo, in Italia sono circa 400mila), si scontra con un impianto normativo assai vetusto.
Le speranze si concentrano adesso su un disegno di legge, molto importante, che se approvato potrà agevolare nelle ricerche. E’ ancora Sabrina a spiegarci meglio di cosa si tratta: “Per i figli adottivi non riconosciuti alla nascita dalla mamma biologica trovare le proprie origini era un tempo impensabile.
L’articolo 28 della legge 183 del 1984 sulle adozioni dava la possibilità al figlio non riconosciuto alla nascita di risalire alla madre biologica solo trascorsi 100 anni dalla nascita stessa.
Grazie a una sentenza del 2013 della Corte Costituzionale, e a una sentenza del 2017 della Cassazione a sezioni unite, siamo riusciti finalmente a superare questo gradino direi ‘medioevale’.
Adesso è possibile presentare le istanze al tribunale dei minori per conoscere il nome della madre.
Ma c’è tutto un iter particolare: il tribunale fa le ricerche; se trova la mamma in vita la donna viene interpellata e può scegliere di acconsentire o meno all’incontro con il figlio naturale, l’ultima parola è sempre della mamma che può rimuovere o meno l’anonimato. Se la madre biologica invece viene trovata ma è deceduta, il tribunale fornisce i dati al figlio che ha fatto istanza”.
Il Comitato per il Diritto alle Origini ha proposto una modifica della legge che in questo momento è in discussione in commissione Giustizia al Senato.
Il disegno di legge numero 922 è stato presentato dai senatori Urraro e Pillon.
“Ci auguriamo – aggiunge Sabrina – che a breve la legge possa essere modificata per dare una possibilità a tutti, direi per una questione democratica, di arrivare ad un bilanciamento dei diritti tra madre e figlio. Non c’è solo il diritto della mamma biologica a rimanere anonima, c’è anche quello del figlio a cercarla e a risalire alle sue origini per ritrovare la propria identità e chiudere il cerchio della propria vita”.
Gli altri appelli
I nati a Baida sono tantissimi, noi abbiamo incontrato solo un piccolo gruppo.
E così Sabrina, vuole fare degli appelli anche per altri figli adottivi, fornendo il nome fittizio dato alla nascita e la stessa data di nascita.
A cercare la propria madre biologica sono anche: Maria Concetta Prestigiacomo (nome dato alla nascita), nata il 10 settembre del 1965; Rossana, nata il 5 ottobre del 1968; Mimma (nome dato dalla famiglia di adozione) nata il 10 dicembre del 1968; Giuseppa Fiorentino (nata il giorno di San Fiorenzo da qui il cognome fittizio), venuta al mondo il 27 ottobre del 1969.
Come contattare la redazione di BlogSicilia
Le mamme che hanno partorito a Baida, e volessero incontrare i propri figli – o comunque chiunque abbia informazioni sulle nascite dei figli adottivi dei quali vi abbiamo parlato, o che voglia raccontare storie legate alla Casa Madonna delle Grazie, o ancora, altri figli nati a Baida che volessero fare un appello – possono contattare la redazione di BlogSicilia scrivendo all’indirizzo e-mail info@blogsicilia.it o telefonando al numero 339 7962041.
A tutti, in particolar modo alle mamme, lo ribadiamo, sono garantiti la massima riservatezza e l’anonimato.
“Non sappiamo – conclude Sabrina – se queste donne si sono rifatte una vita dopo la parentesi di Baida. Magari hanno famiglie alle quali non hanno raccontato nulla per timore o per vergogna.
Non giudichiamo nessuno, vogliamo solo essere di aiuto nelle ricerche di questi figli e probabilmente delle loro madri. Garantiamo il totale rispetto della loro privacy, e le invitiamo a contattare la redazione di BlogSicilia”.
La speranza di abbracci attesi da tanto tempo
Lasciamo la struttura di Baida con la speranza che i nostri appelli arrivino alle mamme.
Ringraziamo i figli adottivi che ci hanno raccontato le loro storie cariche di emozioni e chi ci ha permesso di entrare nella Casa Madonna delle Grazie (La Curia arcivescovile di Palermo; Biagio Puleo, presidente del Centro Diocesano Confraternite della Curia arcivescovile di Palermo; Ottavio Zacco, consigliere del Comune di Palermo; Padre Antonio Garau).
Per le persone nate a Baida un unico desiderio: conoscere chi le ha messe al mondo e magari potersi raccontare e riabbracciare dopo tanti anni.
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