L’ex primario Biagio Adile, con una condanna per stupro in primo grado, torna in servizio da esterno in ospedali pubblici del Palermitano. Per l’esattezza opera da ginecologo negli ospedali di Corleone e Petralia Sottana ma la sua presenza è già diventata una caso. Alcuni pazienti, come riporta oggi il quotidiano “La Repubblica”, lo hanno riconosciuto. Ed hanno confessato di aver preferito andare altrove perché “da lui non mi faccio mettere le mani addosso”.
L’unico ad avere risposto all’avviso pubblico
Sull’ex primario pende una condanna pesante a 5 anni e 2 mesi. Probabilmente una questione di opportunità ma dall’Asp di Palermo evidenziano che è tutto in regola. Come ha evidenziato la commissaria dell’azienda sanitaria, Daniela Faraoni, Adile è stato l’unico ginecologo che ha risposto all’avviso pubblico per ricoprire l’incarico in quei due ospedali. Può esercitare perché ha una condanna in primo grado e in uno Stato garantista lo ritiene innocente sino al terzo grado di giudizio. Allo stesso modo anche l’ordine dei medici non ha mai inflitto alcuna sanzione disciplinare, sempre perché la condanna non è definitiva.
La condanna arrivata nel luglio scorso
Adile fu condannato lo scorso luglio dal tribunale presieduto da Lorenzo Matassa. Era ginecologo e primario dell’ospedale palermitano di Villa Sofia. Poi dopo quella condanna decise di andare in pensione. Il procuratore aggiunto Ennio Petrigni e il sostituto Giorgia Righi avevano chiesto una pena di 8 anni. L’indagine era stata avviata nel 2016 dopo la denuncia presentata da una donna tunisina, difesa dall’avvocato Michele Calantropo.
Lui ha sempre negato
Il medico ha sempre respinto le accuse, difeso dagli avvocati Gioacchino Genchi e Antonino Agnello. La donna si era rivolta al reparto di ginecologia diretto da Adile. Era arrivata da clandestina e si trovava in una casa famiglia. Aveva chiesto di essere visitata per risolvere un problema. Durante le visite sarebbero avvenuti i casi di violenza.
Cgil, rescindere contratto con l’Asp di Palermo
“Occorre immediatamente rescindere il contratto e preservare l’integrità fisica e psichica delle donne”. Lo affermano Concetta La Rosa, segretaria Regionale Fp Cgil, e Giovanni Cammuca, segretario generale Fp Cgil di Palermo, in riferimento alla questione del ginecologo Biagio Adile, a cui è stato conferito l’incarico dall’Asp “nonostante sia condannato in primo grado a 5 anni e 2 mesi per violenza sessuale su una donna, oltre ad essere interdetto per due anni dall’esercizio della professione”, aggiungono le sindacaliste.
“Pur riconoscendo il legittimo principio della presunzione di innocenza, è evidente però che il garantismo non può prevalere per fatti del genere – sottolineano – chiediamo alla commissaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo di tornare sui suoi passi. La domanda nasce spontanea – aggiungono – quante donne saranno disposte a farsi visitare da quel medico? E con quali paure? Certamente – proseguono i due sindacalisti – chi ha la disponibilità economica si rivolgerà altrove ma chi invece non può accollarsi il costo della visita, sarà costretta a rinunciare o, facendo violenza a se stessa e con mille timori, a rivolgersi al dottore Adile”. “Questa altra, brutta, pagina della sanità siciliana – concludono La Rosa e Cammuca – deve far riflettere anche sullo stato di coma profondo in cui versa la sanità pubblica. Occorre, come da tempo denunciamo e come abbiamo chiaramente scritto nei nostri documenti, togliere gli imbuti per l’accesso alle facoltà e alle scuole di specializzazione e procedere ad una massiccia campagna di assunzioni, abolendo i tetti di spesa che valgono per i dipendenti e non per gli incarichi professionali”.
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