Il disco prende il nome da uno dei moli del porto di Amburgo, dove l’artista ha cominciato a scrivere gran parte delle canzoni che sono contenute in questo album. Durante il suo percorso Guglielmino ha raccolto tante riflessioni, un vero e proprio diario che col tempo è diventato un’opera completa, come lui stesso ama sottolineare: “diario di viaggio, note di passaggio”.
Il filo conduttore di tutto il lavoro è l’emigrazione, tema molto attuale nell’Italia del sud, soprattutto in Sicilia. Guglielmino racconta la storia di tanti giovani, che vanno via dal proprio paese per cercare condizioni di vita migliori. Un’emigrazione 2.0, che vede come mete principali Germania, Inghilterra, Francia, Spagna, un’Europa che vive proprio grazie a questo flusso di anime che si spostano e ci vivono.
L’album è un diario di viaggio onesto, in cui la nuova “terra” desta curiosità e appare anche un po’ aliena, dove all’inizio la nostalgia la fa da padrona, ma che poi a poco a poco, scoprendola, si comincia ad amare. E se da un lato si cominciano ad apprezzare i nuovi luoghi in cui si vive, dall’altro vorremmo che chi ci sta accanto, e magari ci aspetta per l’appuntamento serale davanti ad un computer per una chiamata Skype, decidesse di venire con noi.
La Germania e Amburgo, città alla quale il disco è dedicato, hanno affascinato il cantautore nei suoi tre anni di permanenza. E sono tanti i dettagli che ha inserito in ogni canzone del disco. Le serate a Sk. Pauli inizialmente in solitaria, le passeggiate lungo il Landungsbrücken, i concerti, le amicizie con i musicisti locali; la mitica Cantantessa di Amburgo, una signora che nonostante l’età, armata di fisarmonica, calca i palchi dei club della Repeerbahn. E ancora, i viaggi in treno sulle Deutsche Bahn per raggiungere le altre città, Francoforte, dove ha conosciuto tantissimi connazionali, Stoccarda che gli ha regalato il palco del “Sommerfest der Kulturen” lo scorso luglio.
Ad Amburgo ha dedicato una ballata: ha descritto la città come un marinaio al quale fa una promessa che non è in grado di mantenere. C’è lo stupore, c’è l’amore, c’è il limite che separa la carne dal cuore. E in estate o in primavera sull’Alster Park on in St. Pauli si passeggia tra i tanti ragazzi in perfetta forma che sfilano bevendo birra sotto un tiepido sole: così nasce “Il lupo bianco dagli occhi verdi” e il tormento di “Fino alla fine del Mondo”.
I suoni del disco sono “raffreddati” dalle tastiere che ricordano gli anni ottanta, per ricreare un’atmosfera nordica insieme alle chitarre acustiche. L’elettricità è data dal tocco su Telecaster, ma Guglielmino si è anche avvalso di una collaborazione tedesca, con uno dei musicisti che l’ha seguito in diversi concerti ad Amburgo, quel tocco che esplode in “Fino alla fine del mondo” e caratterizza “Il treno per Berlino” e “St. Pauli d’Estate”.
Il cerchio si chiude con “Oltre le distanze”, che come “Il treno per Berlino” esprime proprio la difficoltà del rapporto a distanza e il desiderio di non tornare indietro, ma di andare sempre avanti, insieme. Scorrendo la track list, si passa dalla malinconia di “Una parola che non c’è”, all’adattamento “St.Pauli d’Estate”, lo stupore de “L’Uomo dei Gabbiani” e di “Lupo Bianco dagli occhi verdi”, un po’ di sano tormento con “Fino alla fine del mondo”, per comunque alla fine tornare a casa, dal vero amore “Oltre le distanze”.
L’uscita del lavoro – prodotto da Fabio e Marco Guglielmino – è accompagnata dal videoclip di “Fino alla fine del mondo”, brano registrato tra Palermo e Amburgo sotto la produzione di Marco Guglielmino. Insieme a Guglielmino, Daniele Zimmardi alla batteria, Salvatore Mastropaolo al basso, Fabrizio Averna alle tastiere, Pietro Catalano al sassofono, Xandi Hosenberg alle chitarre. Il video è prodotto in collaborazione con Gianluca Millunzi, con gli attori Elena Impellizeri e Fabrizio Sidihiry.