I giudici di appello si sono scordati il nome di Simone La Barbera, condannato a 3 anni e 8 mesi per estorsione, nelle motivazioni della sentenza e la Cassazione ha rinviato a un nuovo processo d’appello. Lo scrive il sito d’informazione Livesicilia.

Condanne definitive per mafia nell’ambito dell’inchiesta “Cupola 2.0”

Sono diventate definitive le condanne per mafia per Pietro Merendino, capomafia di Misilmeri (18 anni), Francesco Fumuso di Villabate (12 anni e mezzo), Stefano Polizzi di Bolognetta (17 anni). Il processo è il troncone celebrato con il rito ordinario nato dall’inchiesta “Cupola 2.0” che nel 2018 scoprì il tentativo di riorganizzazione della nuova Cosa nostra.

Assoluzione precedente per La Barbera nel caso delle sorelle Napoli

Simone La Barbera insieme ad altri tre imputati era stato assolto nel processo sulle presunte estorsioni alla sorelle Ina, Irene e Anna Napoli, titolari di un’azienda agricola tra Mezzojuso e Corleone salite alla ribalta della cronaca grazie alla trasmissione ‘Non è l’Arena” di Massimo Giletti che aveva dedicato alla vicenda diverse dirette e servizi.

Dalla caffetteria al mandamento, Giuseppe Corona torna in libertà

Giuseppe Corona, 56 anni, è stato scarcerato per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. L’uomo, ufficialmente cassiere presso la Caffetteria Aurora, un bar situato di fronte al porto di Palermo, è considerato dagli inquirenti il reggente del mandamento mafioso di San Lorenzo.

Un passato turbolento

Corona era stato arrestato sei anni fa con l’accusa di far parte del vertice della famiglia mafiosa di San Lorenzo e Resuttana, pur mantenendo forti legami con i mafiosi di Porta Nuova. Le indagini lo dipingono come una figura chiave nella riorganizzazione di Cosa Nostra dopo la morte di Totò Riina. Gli inquirenti gli attribuiscono il coinvolgimento in diversi traffici di droga, favorito da una vasta rete di contatti, anche in ambienti insospettabili della società civile.

Il “Re del Riciclaggio”

Soprannominato “il re del riciclaggio”, Corona sarebbe stato il gestore di ingenti somme di denaro provenienti dal traffico di stupefacenti e dalle scommesse clandestine all’ippodromo. Secondo l’accusa, avrebbe ripulito questo denaro sporco reinvestendolo in attività lecite, come esercizi commerciali e immobili, seguendo la nuova strategia di Cosa Nostra dopo la scomparsa di Riina.

Investimenti e prestanome

Le indagini ricostruiscono un sistema di investimenti in bar, tabaccherie, negozi e nel settore immobiliare, gestiti da Corona per conto di diverse famiglie mafiose. L’uomo, che ha già scontato una condanna per omicidio commesso alla Vucciria, avrebbe agito come cassiere, mantenendo rapporti con diversi esponenti mafiosi. La sua attività si sarebbe basata sull’intestazione fittizia di attività economiche a prestanome, un sistema utilizzato per eludere le misure di prevenzione patrimoniale e facilitare il riciclaggio di denaro illecito.