Bisognerà attendere l’8 marzo per la decisione della Cassazione sulla dibattuta questione dell’ergastolo ostativo, tornata nelle mani degli ermellini dopo che lo scorso 8 novembre la Consulta gli ha rimesso la questione chiedendole di valutare se le nuove norme – contenute nel cosiddetto dl rave – varate dal governo Meloni, il 31 ottobre 2022 (n.162) continuano a destare dubbi di costituzionalità.
Il deposito del verdetto – che rischia di rimbalzare nuovamente nella competenza della Corte Costituzionale – era inizialmente previsto per domani, nella stessa giornata in cui si svolge l’inaugurazione dell’anno giudiziario alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma la Prima sezione penale della corte di Cassazione, nel procedimento a carico di Salvatore Pezzino, ha rilevato una irregolarità nell’instaurazione del contraddittorio in forma scritta e pertanto ha rinviato la trattazione del ricorso da parte del medesimo collegio proprio alla udienza dell’8 marzo.
Le norme nuove del Governo Meloni
Le nuove norme sono state varate dal governo Meloni con il decreto legge del 31 ottobre 2022 n.162. Il provvedimento contiene anche altre misure urgenti. La camera di consiglio dei supremi giudici si svolge oggi e, come da norme, non è partecipata né dalla procura né dalla difesa del detenuto all’ergastolo ostativo. Un caso emblematico arrivato per dubbi di costituzionalità fino alla Consulta che ha restituito gli atti agli ‘ermellini’ lo scorso 8 novembre proprio per l’entrata in vigore delle nuove norme. Dalla difesa e dell’accusa solo atti scritti.
La presunta merce di scambio
L’arresto di Messina Denaro avvenuto nei giorni scorsi è stato visto come la “merce di scambio” tra lo Stato e la mafia per l’abolizione dell’ergastolo ostativo. Tanti personaggi illustri hanno avanzato questa tesi paventata anche da Salvatore Borsellino, fratello del giudice antimafia ucciso da cosa nostra. L’arresto di colui che è considerato il capo indiscusso di cosa nostra, sta di fato che ha suscitato reazioni contrastanti nella società civile. “Non vorrei – ha detto Borsellino – che a fronte di questo arresto ci sia la liberazione dall’ergastolo ostativo di personaggi come i Graviano. Mi aspetto di non vedere pagato nel prossimo futuro il prezzo di questa cattura. Non vorrei che la contropartita dell’arresto di Messina Denaro fosse l’abolizione dell’ergastolo ostativo”. Borsellino avrebbe fatto riferimento alle dichiarazioni rilasciate da tale Boiardo in una punta di “Non è l’Arena” di Giletti su La7.
Cos’è l’ergastolo ostativo
Mettere i mafiosi di fronte a un bivio: essere fedeli a Cosa Nostra e pagarne tutte le conseguenze, con un sostanziale fine pena mai, oppure collaborare con lo Stato e cominciare così il processo di ravvedimento previsto dalla Costituzione. Questo l’obiettivo dell’ergastolo ostativo rafforzato all’indomani delle stragi per indurre boss e gregari a fare i nomi dei loro sodali e rompere il muro dell’omertà.
Uno strumento su cui nel tempo si sono appuntati dubbi e rilievi , anche in sede europea, ma che l’attuale governo intende difendere, come ha dimostrato con il suo primo decreto legge, varato a fine ottobre dello scorso anno con lo scopo di disinnescare una pronuncia della Corte Costituzionale che avrebbe potuto avere come conseguenza l’uscita dal carcere di capiclan. Ora la sua sorte è nelle mani della Cassazione, a cui la Consulta ha restituito gli atti perchè valuti se le sue osservazioni sulla illegittimità costituzionale delle norme siano state superate dalla nuova disciplina introdotta dal governo.
Cosa prevede
In origine l’ergastolo ostativo impediva la concessione di qualunque beneficio penitenziario ai condannati- un esercito di
un migliaio di persone costituite soprattutto da mafiosi e terroristi- senza collaborazione con la giustizia. Nel 2019 si aprono le prime crepe: prima la Corte europea dei diritti dell’uomo stabilisce che la limitazione prevista per chi non collabora è contraria alla Convenzione sui diritti umani che vieta trattamenti inumani e degradanti, chiedendo all’Italia di modificare la legge; poi è la Corte costituzionale ad aprire ai permessi premio per i boss, a condizione che sia provato che abbiano reciso i loro legami con la criminalità organizzata e purchè sia dimostrata la loro partecipazione al percorso rieducativo.
I dubbi
La questione nodale la pone alla Consulta qualche tempo dopo la Cassazione, che sulla scia di questa sentenza dubita che sia rispettosa della Costituzione la preclusione assoluta della liberazione condizionale per i boss. La Corte costituzionale ad aprile del 2021 stabilisce che questo divieto assoluto è incompatibile con la Costituzione, ma si ferma a un passo dalla decisione, dando un anno di tempo al Parlamento per intervenire,termine che sarà ulteriormente prorogato senza che si arrivi a una nuova legge.
Quando la deadline è imminente il governo Meloni vara un decreto per impedire le «scarcerazioni facili» e detta le nuove regole: per accedere ai benefici penitenziari i condannati per reati di mafia che non collaborano con la giustizia dovranno aver riparato il danno alle vittime e dimostrare di aver reciso i rapporti con i clan, allegando «elementi specifici», che consentano “di escludere l’attualità di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso”.
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