Enti di formazione usati come stipendifici per remunerare avversari politici da portare dalla propria parte o divenuti bancomat a cui attingere per spese proprie; un uso spregiudicato del soldi europei incassati in violazione di ogni regola; progetti sociali finanziati e mai realizzati: c’è il mondo della formazione professionale siciliana, non nuovo a scandali e inchieste, nell’ultima indagine della Procura di Marsala e di quella europea che oggi ha portato all’emissione di 14 misure cautelari.
Una operazione nata da accertamenti su tre enti marsalesi che facevano capo all’ex senatore del Pd Antonio Papania, già finito sotto inchiesta per voto di scambio a settembre scorso e da allora detenuto. Al politico, che nel 2020 ha fondato un suo movimento dal nome pretenzioso di Valore, Impegno e Azione, questa mattina la Guardia di Finanza ha notificato in carcere una misura cautelare di arresti domiciliari.
Per gli inquirenti, con la complicità di esponenti del suo movimento e politici locali, aveva costituito una sorte di lobby di potere costantemente impegnata a esaudire desideri privati e cortesie, sfruttate poi per chiedere voti e controprestazioni varie in occasione di tornate elettorali. Per far cambiare casacca agli avversari e cooptarli al Movimento l’ex senatore prometteva o assicurava loro e a loro familiari incarichi negli enti di formazione o posti di lavoro.
“La pratica del trasformismo politico – scrivono i magistrati – sarebbe lecita, atteso che l’eletto non deve rendere conto al partito che lo ha candidato o all’elettore che lo ha votato, ma non, come emerge dalle indagini, quando detto cambio di casacca sottenda illecite promesse o percezioni di utilità”. Figli, nipoti e parenti di alcuni consiglieri comunali avrebbero beneficiato dei favori dell’ex senatore e dei suoi, alcuni riuscendo ad avere incarichi senza possederne i requisiti. Ma a sanare la situazione, dicono gli investigatori, ci avrebbe pensato l’organizzazione criminale pronta a preparare falsi curricula.
L’inchiesta ha svelato anche un uso improprio dei fondi europei incassati dai tre enti di formazione – Cesifop (Centro Siciliano per la formazione professionale), Ires (Istituto di studi e ricerche economiche e sociali) e Associazione Ta i- che, per problemi debitori gravissimi non avrebbero neppure potuto essere accreditati per i finanziamenti Ue e tantomeno avrebbero potuto ottenere dal Programma Operativo Fondo Sociale Europeo 2014/2020 oltre 8,7 milioni di euro da destinare allo svolgimento di corsi di formazione e di progetti in ambito sociale molti dei quali mai tenuti.
Del fiume di denaro pubblico su cui la lobby aveva messo le mani 800mila euro erano stati già incassati e impiegati per spese voluttuarie personali o connesse a iniziative di sostegno del movimento di Papania. Ulteriori 2,5 milioni sarebbero stati a breve erogati. Le Fiamme Gialle hanno proceduto al sequestro di circa un milione, pari alle somme malversate o riciclate e al sequestro preventivo dei circa 8 milioni di euro residui già finanziati. Gli indagati al momento sono 24 e rispondono, a vario titolo, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, malversazione e riciclaggio. Nell’inchiesta sono coinvolti anche sei esponenti politici che rivestono o hanno rivestito cariche presso i Comuni di Marsala, Buseto Palizzolo, Calatafimi-Segesta, Castellammare del Golfo ed Erice.
E’ un politico di lungo corso Antonio Papania, coinvolto, assieme ad alcuni consiglieri comunali locali, nell’inchiesta per corruzione e frode della Procura Europea e dei pm di Marsala (Trapani) sfociata in quattro provvedimenti restrittivi e nel sequestro di 9 milioni di euro. In politica dal 1984, Papania entra nel giro che conta a metà degli anni Novanta quando viene eletto all’Assemblea regionale siciliana con il Ppi.
L’allora governatore Angelo Capodicasa (Pds-Ds) gli affida la delega di assessore al Lavoro e alla formazione professionale, suo bacino elettorale. Nel 2001 Papania viene riconfermato all’Ars con la Margherita, ma si dimette dopo 4 anni perché viene eletto al Senato aderendo al gruppo dell’Ulivo. A Palazzo Madama viene riconfermato nel 2008 tra le fila del Pd. Al successivo giro delle politiche, è il 2013, la corsa di Papania alla ricandidatura al Senato viene interrotta dai garanti del PD perché un suo stretto collaboratore viene coinvolto in una inchiesta della Dda di Palermo. Il politico cerca di riconquistare spazi di manovra fondando il movimento Via ma rimane ai margini della politica locale trapanese e un mese fa era stato arrestato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso in un’altra inchiesta che portò a dieci misure cautelari.