La sentenza che assolse l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Palermo 1, Domenico Lipari, accusato di avere molestato due impiegate del suo ufficio ‘palpeggiandole’, non fece scalpore. E’ scoppiato invece un putiferio dopo la pubblicazione delle motivazioni del collegio della seconda sezione del Tribunale di Palermo, presieduto da Bruno Fasciana, che oggi ha voluto contestualizzare alcune frasi riportate dai giornali.
Il collegio scrive: “Non si deve fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato, ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale”.
Secondo Fasciana, sono state scritte quindi delle falsità su quotidiani e on line e a queste pubblicazioni sono seguiti anche commenti molto pesanti: ci sono stati alcuni che hanno invitato a commettere atti di stalking nei confronti dei giudici sui loro profili Facebook e ciò già sta avvenendo.
I giornali e i siti hanno puntato, in particolare, sul comportamento “immaturo” del direttore, descritto dal Tribunale come “inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio”, che non ha però danneggiato le vittime né la loro sessualità.
“Sono state estratte solo alcune frasi senza inserirle in un contesto – ha spiegato Fasciana – Non è vero che le due signore abbiano fatto denuncia o querela. Il processo nasce nell’ambito di un’indagine a seguito di una denuncia fatta da una terza persona, sempre una donna, che lamentava di aver subito degli atti di mobbing da parte dell’imputato.
Nell’indagine per mobbing, si sentono tutti gli altri impiegati dell’ufficio. Queste due impiegate, nel contesto delle informazioni che stavano dando, hanno raccontato che il direttore aveva nei loro confronti comportamenti non ortodossi”.
Il giudice ha ricordato che sono state le stesse persone offese a definire il comportamento dell’imputato come “scherzo pesante” o come “fatto non contenente una connotazione libidinosa o sessuale” e che loro stesse hanno qualificato i fatti come “scherzo di una persona immatura”.
“Dopodiché – ha concluso Fasciana – bisogna dire che non può considerarsi un buffetto sul sedere o toccare il bottoncino di una scollatura come fatto avente una connotazione sessuale”.
Lipari era infatti accusato di aver dato una lieve pacca sul sedere a un’impiegata, mentre all’altra mise il dito sul bottoncino della camicetta, proprio all’altezza del seno, sfiorandole in un’altra circostanza la zona genitale. La sentenza dà atto che Lipari fece effettivamente quel che gli viene contestato. Ma lo fece per gioco e senza trarne alcun piacere.