Palermo

Drusilla al Massimo ammalia Palermo con la sua “Venere Nemica”

Drusilla in “Venere nemica” incarna la dea delle dee, la dea della bellezza tanto bramata da tutti e presa a modello da moltissimi artisti.

Una dea che, seppur bellissima in eterno e immortale, dopo essere stata come gli altri dei dimenticata, vive tra i terreni cedendo alle miserie umane.

Vanità, lussuria, invidia e gelosia vengono dalla dea espresse alla stregua di noi comuni mortali. Ma Venere, come ogni persona umana in ultima analisi, vorrebbe solo avere vissuto il vero amore ed essere amata.

Ed è proprio mossa dall’invidia verso Psiche, interpretata da Elena Talenti, che Venere prepara la sua vendetta. Psiche ha la colpa di essere una bellissima donna a cui anche figlio di Venere, Amore, non riesce a resistere, contravvenendo a quanto la gli aveva ordinato.

Ma è proprio attraverso i sentimenti ostili verso Psiche, che Venere ha per la prima volta l’occasione di amare veramente suo figlio. E Psiche che anch’essa mossa dall’ amore, cambia la sua natura umana e mortale. E nonostante le differenze tra le due, il finale le vede insieme.

Lo spettacolo è in scena al teatro “Al Massimo” di Palermo, interpretato e scritto da Drusilla Foer insieme a Giancarlo Marinelli, per la regia di Dimitri Milopulose che sarà in scena fino al 9 novembre.

Uno spettacolo che ingloba più generi teatrali, tra cui il musical. Una pièce teatrale leggera ma non troppo, che punta e stimola alla riflessione di archetipi contemporanei e che si basa sulla favola di Apuleio, Amore e Psiche ma attualizzata, anche e soprattutto nel linguaggio.

La favola serve per raccontare il mito di Venere, la dea della bellezza interpretata magistralmente da Drusilla. A farle da spalla, una talentuosissima Elena Talenti, nel doppio ruolo della sua cameriera servizievole e devota, e di Psiche, moglie di Amore (Eros), figlio della dea.

Lo spettacolo tocca vari temi quali la vanità, l’amore e i suoi effetti devastanti, la caducità della bellezza, la fragilità degli esseri umani, la gelosia, il rapporto suocera-nuora e la possessività materna. Si assiste così alla rappresentazione di una Venere rancorosa, triste, frustrata, comica e capricciosa, vanitosa e malinconica, eppure a tratti simpatica ma anche tremendamente umana (parla di vestiti firmati, si lamenta delle doppie punte, della messa in piega e del rapporto con gli odiati parenti, gli dei dell’Olimpo, Giove, Marte e Atena che le riagganciano il telefono in faccia).

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