Divieto di tariffari per messe e sacramenti ed apertura alle celebrazioni per diaconi, persone consacrate e fedeli laici: arrivano nuove regole dalla Congregazione per il Clero che ha emanato l’istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa” raccogliendo i più recenti moniti di Papa Francesco affinché la Chiesa sia sempre più a servizio di tutti nonché comunità nella quale riconoscersi.
Come spiega al Giornale di Sicilia l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, “si tratta di un’istruzione molto articolata che riguarda tutte le nazioni del mondo e ci sono differenze tra l’Italia e i Paesi di missione. Non cambia il Codice di diritto canonico – sottolinea -. Il documento parla di conversione in chiave missionaria della pastorale, indicando una riforma che riguarda non solo le persone, ma anche le strutture e la principale è la parrocchia, comunità di adozione, inclusiva ed evangelizzatrice“.
Il vescovo diocesano può, dunque, affidare ufficialmente alcuni incarichi ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco. Una ‘soluzione’ da percorrere anche in quelle zone dove mancano i sacerdoti. Inoltre il presule, dopo il voto favorevole della Conferenza episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni, senza la celebrazione della messa.
“La Congregazione – continua Pennisi – ha messo in evidenza delle prassi che sono già presenti nella pastorale della Chiesa in alcune parti del mondo. Magari alcuni parroci non hanno valorizzato i diaconi, adesso sono invitati a farlo”.
Rimane comunque centrale la figura del parroco che può avere affidate più parrocchie con l’aiuto e la collaborazione di un diacono, come già avviene in molte realtà. Come sottolinea ancora l’arcivescovo di Monreale, “in Africa ci sono parroci missionari che hanno 20 parrocchie: il parroco rimane il missionario, ma in genere sono i catechisti che gestiscono la parrocchia e si mettono a disposizioni per quei servizi”.
Nel documento si legge che “un tema connesso alla vita delle parrocchie e alla loro missione evangelizzatrice è quello dell’offerta data per la celebrazione della santa messa, destinata al sacerdote celebrante, e degli altri sacramenti, che spetta invece alla parrocchia. Si tratta di un’offerta che, per sua natura, deve essere un atto libero da parte dell’offerente, lasciato alla sua coscienza e al suo senso di responsabilità ecclesiale, non un ‘prezzo da pagare’ o una ‘tassa da esigere’, come se si trattasse di una sorta di ‘imposta sui sacramenti’. Infatti, con l’offerta per la Santa Messa, i fedeli contribuiscono al bene della Chiesa e partecipano della sua sollecitudine per il sostentamento dei ministri e delle opere”.
Pennisi commenta: “E importante che si insista sulla trasparenza e sulla corresponsabilità”. E ancora: “Quando sono stato rettore di un santuario ho notato che la gente è più propensa a lasciare un’offerta se libera piuttosto che a chi chiede una tariffa. Quando i fedeli vedono che i parroci usano i soldi per la comunità con trasparenza, facendo un rendiconto, affiggendo alla porta della chiesa le entrate e le uscite, le offerte non diminuiscono ma aumentano“.
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