Per 11 anni ha continuato a lavorare come se nulla fosse accaduto e senza che l’ente pubblico per il quale lavorasse fosse a conoscenza dei fatti e, soprattutto, della condanna definitiva per violenza sessuale.
Violenza compiuta proprio mentre lavorava. Per puro caso, il segretario generale della Città metropolitana, Francesco Fragale, ha scoperto la verità. A quel punto è scattata l’indagine e lunedì scorso è stato notificato il provvedimento con il quale il 52enne è stato licenziato. Senza preavviso.
Come riporta il Giornale di Sicilia, l’uomo era stato accusato nel 2013 di violenza sessuale e minaccia nei confronti di una donna conosciuta mentre svolgeva il servizio di custode al Loggiato San Bartolomeo, nel centro di Palermo, dove era in corso una mostra.
Secondo quello che è riportato negli atti del processo, l’ormai ex dipendente aveva proposto alla donna di salire sulla terrazza per fargli vedere meglio il panorama. Arrivati sul posto, però, l’aveva bloccata stringendola con un braccio attorno al collo e cominciando a palpeggiarla nelle parti intime, fino a sollevarle il vestito.
Nessuno era presente ma la vittima dell’aggressione ebbe la prontezza di riuscire a premere sul telefonino l’ultimo numero chiamato che corrispondeva ad un suo amico avvertendolo di chiamare subito aiuto perché stava subendo violenza.
Arrivata la polizia, l’uomo era stato bloccato e trovato pure in possesso di un coltello lungo 20 centimetri. Da quel momento l’inizio del processo per violenza sessuale e minacce gravi.
Ma tutto questo senza che fosse contestualmente avvertito della situazione il datore di lavoro, in questo caso un ente pubblico.
Un fulmine a ciel sereno alla Città metropolitana quando due mesi fa è stata per un puro caso ricostruita la vicenda. L’ex dipendente, infatti, in tutti questi anni ha avuto altri incarichi, tra i quali quello di bidello in una scuola dell’hinterland frequentata da ragazzine.
Il suo segreto è stato tradito dalla richiesta inoltrata all’amministrazione per avere spostato l’orario di lavoro al pomeriggio: in mattinata, aveva laconicamente spiegato, doveva passare dal commissariato.
A fare cosa, naturalmente, non lo aveva detto. È scattato l’allarme e sono stati avviati i controlli a ritroso dell’amministrazione. La richiesta inviata al Ministero di giustizia per consultare il casellario giudiziario del dipendente ha dato i suoi (sconcertanti) frutti: nel certificato girato alla direzione Politiche del personale, la storia dei processi: sentenza della Corte d’appello irrevocabile emessa ad aprile del 2023 con l’inammissibilità del ricorso alla corte di Cassazione e conferma della sentenza di maggio 2019 emessa dal Tribunale per violenza sessuale.
Il cinquantaduenne era stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione, ma non era stato arrestato: il tribunale di sorveglianza aveva disposto l’affidamento in prova ai servizi sociali e pene accessorie tra le quali proprio l’interdizione dai pubblici uffici per 2 anni. Peccato che negli uffici pubblici sia rimasto con tanto di badge e stipendio.