Il 15 giugno scorso ha fatto arrestare dai carabinieri l’uomo a cui si era rivolto per avere un prestito e gli avrebbe applicato tassi usurai e lo avrebbe più volte minacciato.
Alessio Nicola Pitti, da quel giorno non riesce a lavorare ad Altofonte, paese in provincia di Palermo. “Ormai qui non posso vivere – racconta – mi dicono che sono “sbirro”, che sono “muffuto”, che non merito di vivere in paese. Mi sono ribellato alle percosse e alle violenze e alla vita d’inferno che ho trascorso quando mi sono rivolto per un prestito ad un macellaio del paese Roberto Bruno”. I
l commerciante di 50 anni è stato arrestato lo scorso giugno ed è stato rinviato a giudizio insieme a Maria Concetta Marrone. Il primo è difeso dall’avvocato Gaspare Affatigato, la donna dall’avvocato Antonino Emanuele Lanza.
Roberto Bruno deve rispondere di usura aggravata dal metodo mafioso visto che avrebbe detto alla vittima di avere ricevuto carta bianca da Salvino Raccuglia, fratello di Domenico boss di Altofonte, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
“La mia disavventura è iniziata quando ho dovuto donare parte del mio fegato a mia sorella – racconta Pitti che è assistito in questa sua battaglia dall’avvocato Salvatore Gambino – Avevo un’agenzia di assicurazioni in via Vito Virgilio 4 ad Altofonte e per alcuni mesi non ho potuto lavorare. Mio padre che mi dava una mano in quel periodo si è ammalato ed è morto, mia moglie mi ha lasciato.
Così per cercare di andare avanti ho chiesto dei soldi a Bruno. Non l’avessi mai fatto. Ho subito di tutto come hanno registrato i carabinieri quando il macellaio è stato arrestato. Adesso chiedo aiuto. Ho bisogno di lavorare. Non posso essere abbandonato così a me stesso. Ho l’aiuto del parroco. Ma io voglio lavorare e tornare a vivere dopo due anni di incubo”.
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