Tanta tantissimi palermitani si sono assiepati ieri nella libreria Feltrinelli in via Cavour per sentire il racconto di una delle pagine più brutte della nostra storia d’Italia.
Il depistaggio iniziato pochi secondi dopo lo scoppio dell’auto in via D’Amelio dove morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. L’occasione la presentazione della relazione della commissione antimafia sul depistaggio.
“L’omicidio di Borsellino dove essere derubricato come una vendetta mafiosa. Prima Falcone e poi Borsellino – dice Claudio Fava presidente della commissione antimafia – il depistaggio ha coperto quello che c’era a fianco e attorno. La stessa mano che ha accompagnato quella di cosa nostra nel preparare l’attentato ha accompagnato il depistaggio. Un depistaggio che è il concorso di azioni”.
Una serie di comportamenti che hanno permesso di arrivare ad una conclusione poi messa in discussione dopo anni. Per cercare di ricostruire servono i racconti e le carte che ancora non si conoscono.
“Il 19 luglio scorso ho avuto un incontro con il ministro della Giustizia, mi era stato detto che si sarebbero aperti gli archivi del Sisde, ma sono passati mesi senza avere risposte di alcun tipo”, dice Fiammetta Borsellino figlia del magistrato ucciso nel 1992.
Alla Feltrinelli di Palermo si parla della strage di via D’Amelio e dell’ultima relazione della commissione parlamentare antimafia sul depistaggio.
Accanto a Fiammetta Borsellino, ci sono il presidente dell’Antimafia Claudio Fava e il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato.
«Ci sono persone che sanno, come i fratelli Graviano. Perché non parlano? » , si chiede il magistrato, che parla anche delle responsabilità dei colleghi nella gestione del caso Scarantino.
I misteri, gli errori o gli «orrori » , come li chiama Fiammetta, che accompagnano la strage di via D’Amelio sono ancora tanti. « Tutte le anomalie le abbiamo messe in fila » , dice Fava, che descrive il depistaggio come « il frutto di un concorso di azioni che sono servite dolosamente a far parlare solo di criminalità e non di altro».
I risultati della relazione sono un passo avanti, ma non bastano ancora a Fiammetta Borsellino, che torna a chiedere un intervento del Consiglio superiore della magistratura, per fare chiarezza sull’operato dei magistrati che coordinarono le prime indagini dopo la strage: «Non perché si vogliano individuare dei capri espiatori — prosegue Fiammetta — ma perché in uno stato di diritto si deve partire dall’accertamento delle responsabilità, soprattutto nel momento in cui si sono configurati illeciti così gravi che hanno mandato a monte completamente la possibilità di arrivare alla verità su quanto accaduto».
A quelle responsabilità fa riferimento anche Scarpinato, che accusa la procura nazionale antimafia di « non essere intervenuta » nel momento in cui la procura di Caltanissetta decideva che il pentito Vincenzo Scarantino, già utilizzato nel primo processo, era « credibile » e « un’altra procura diceva il contrario». Scarpinato parla di tanti sbagli « per innocenza culturale » e difende a spada tratta Nino Di Matteo che Fiammetta Borsellino aveva invece accusato di chiudersi in « un vergognoso silenzio » non presentandosi all’audizione della commissione antimafia regionale sulla strage.
«È uno dei magistrati più seri, professionali e rigorosi che io conosca. Non ha gestito la prima fase delle indagini su via D’Amelio — dice Scarpinato — Ha operato una valutazione sui verbali del pentito Scarantino, che è la stessa fatta dalla Cassazione».
Ma le domande di Fiammetta restano ancora senza risposte: « Non sono nel ruolo giusto per fare commenti — insiste — Per me esistono soltanto i fatti».