La sezione migranti del tribunale di Palermo ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti disposto, in applicazione dei cosiddetti decreti Cutro in materia di procedura accelerata in frontiera, dal questore di Agrigento, e ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito sicuro “qualora vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive Ue”. In attesa della decisione è stata disposta la liberazione dei due migranti.
I due migranti, uno del Senegal e l’altro del Ghana, erano trattenuti a Porto Empedocle (Agrigento). Quella dei giudici di Palermo è la prima pronuncia in cui si chiede il parere della Corte di giustizia dell’Ue in merito alla procedura di trattenimento alla frontiera dopo il decreto legge del 23 ottobre contenente la nuova lista dei paesi considerati sicuri. Una normativa che aveva fatto seguito alla decisione del tribunale di Roma del 18 ottobre di ordinare la liberazione e il trasferimento in Italia dei primi 12 richiedenti asilo, cittadini di Egitto e Bangladesh, detenuti in Albania, e di negare la convalida del loro trattenimento. I magistrati motivarono “il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane” con l’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”. Sulla complessa vicenda e dopo il decreto sui paesi sicuri nei giorni scorsi si è pronunciato il Tribunale di Catania che ha disapplicato la normativa italiana non convalidando i trattenimenti e scrivendo che una lista di ‘paesi sicuri’ “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità” di questa “designazione con il diritto dell’Unione europea” e “in Egitto, paese di provenienza del migrante, ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà di un ordinamento democratico”. Nei giorni scorsi, infine, il tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte Ue il caso di un cittadino del Bangladesh che aveva richiesto la protezione internazionale. Il giudice emiliano ha chiesto ai giudici europei quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti paesi sicuri.
Nei giorni scorsi anche il Tribunale di Catania non aveva convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato. In Egitto, secondo il presidente della sezione Immigrazione del Tribunale di Catania, Massimo Escher, che non ha convalidato il trattenimento, vi sono “gravi violazioni dei diritti umani, che in contrasto con il diritto europeo persistono in maniera generale e costante ed investono non solo ampie e indefinite categorie di persone… ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese di Sicuro”.
Per il giudice Escher, la normativa europea già impone al magistrato – e solo al magistrato – di verificare se e in che misura un Paese possa definirsi sicuro. Ed il nuovo decreto approvato dal governo Meloni non cambia le cose, perchè “non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità di tale designazione con il diritto dell’Unione europea, come affermato in modo chiaro e senza riserve dalla Corte di giustizia”. Analoghi provvedimenti avrebbero riguardato altri quattro migranti, due egiziani e due bengalesi.